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Ultimatum di Meloni agli alleati: “Pronti a governare con il centrodestra o da soli”

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Matteo Salvini, malgrado gli annunci presi come dispetti, non si è fatto vedere al Milano convention centre. Ha evitato di assistere al punto più alto dell’autocelebrazione meloniana. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, nell’atteso intervento conclusivo della conferenza programmatica, dà il meglio di sé. Si agita, alza i toni, alterna pause chiama-applausi, poi allarga le braccia e resta muta a mimare divertita lo sdegno verso chi le rimprovera nostalgie fasciste. È un one-woman-show di 50 minuti che si conclude con un avvertimento agli alleati: “Noi vogliamo ridare l’orgoglio a questa nazione. Pensiamo e speriamo di farlo con il centrodestra ma lo faremo comunque”. Un avviso ai naviganti preceduto da una premessa non mantenuta (“Non farò polemiche”) ma nel quale Meloni detta le condizioni a Lega e Fi: “In una coalizione servono chiarezza, regole, orgoglio. Se si sta da questa parte, l’alleanza non ha porte girevoli. Non ci si allea con i nostri avversari. L’ultima volta che ho chiesto questo, io mi sono trovata con due poltrone vuote accanto e gli italiani sono stati massacrati da tre governi”. E mettere delle regole, prosegue la presidente di Fdi passando alla faida sui territori, “significa pure che il governatore siciliano Musumeci non si manda a casa per fare un dispetto a qualcuno o perché è troppo vicino a Fratelli d’Italia”.

La strategia

Parole che arrivano negli stessi minuti in cui Salvini – in attesa di un vertice a tre più volte rinviato – manda un segnale di pace: “Il centrodestra, unito da un’idea di Italia fondata sul lavoro, sulla libertà, sul merito, sulla crescita, sulla sicurezza, sull’autonomia e sulla famiglia, vincerà per i prossimi trent’anni”. Ma il dado è tratto: Meloni accetta di ricostruire il centrodestra ma, con l’attuale legge elettorale, solo se gli altri accetteranno che sarà lei la candidata premier (a patto che i voti confermeranno i sondaggi che vedono Fdi primo partito). E anche se si facesse una legge in senso proporzionale, la deputata romana non svestirebbe i panni dell’aspirante primo ministro.

Partite Iva, cuochi e balneari: sul palco di FdI il contro-Primo maggio di Meloni

dal nostro inviato
Emanuele Lauria

01 Maggio 2022

I surfisti

A Salvini, e probabilmente non solo a lui, la Capa allude con una metafora acquatica: “C’è chi è abituato solo a cavalcare l’onda. Ma se gli altri sono surfisti, noi siamo navigatori. E siamo pronti a salpare: il viaggio porterà le idee dei conservatori al governo di questa nazione”. L’intervento serve a Meloni a riaffermare le proprie idee: c’è il netto no all’utero in affitto  (“Ringrazio quella parte della sinistra che si è schierata con noi in una battaglia non di parte ma di civiltà”) e la chiusura rigida sulle politiche migratorie: attacca “Luciana Lamorgese detta Caronte, che continua a occuparsi di immigrati clandestini e dovrebbe pensare ai profughi veri. La proposta più seria è il blocco navale”. E nessuno sconto sul green pass: “Va abolito perché non vogliamo morire cinesi”.

L’attacco ai giornalisti

Il resto è un attacco al mainstream, anzi un affondo diretto ai giornalisti, per sottolineare di avere tagliato i ponti col passato:  “Uno di loro mi ha chiesto: ma questa maglietta scura è un omaggio alle camicie nere. Francamente non sapevo cosa rispondere… Ai giornalisti dico: ribellatevi. Fate le vostre riunioni di redazione per non raccontare ciò che qui avete visto. Volevate chiuderci in un recinto, ma mentre vi raccontavate questa favoletta tranquillizzante costruivamo un grande partito che recinti non ne ha”. A un certo punto il tono è quello di un’invettiva contro un generico nemico: “Ci dipingevate come retrogradi che inseguono il passato ma abbiamo costruito un’altra storia. Sognate una destra sfigata, nostalgica, cupa, perdente. Ma siamo una destra vincente. Pensavate che fossimo all’angolo ma siete voi all’angolo con argomenti cretini”. Un lungo e meditato sussulto d’orgoglio che passa anche dalla questione di genere: “In FdI c’è pure una donna alla guida, mentre a sinistra le donne si devono accontentare dei ruoli che gli uomini scelgono per loro”.

“Noi isolati?”

L’assalto a Palazzo Chigi è partito ufficialmente in questa assolata mattina milanese: “Lo sapete che in questa nazione decidono ancora gli italiani? Che non siamo isolati? Noi lavoriamo per essere il primo partito alle prossime elezioni e a quel punto vedremo se isolerete milioni di persone”. Si passa all’incasso, fra risate e stoccate: “Qualcuno dice che è facile stare all’opposizione? Noi siamo fieri di starci e non andremo al governo a tutti i costi. Ci andremo solo se ci mandano gli italiani. Non ci svendiamo per interesse personale. Non puoi fare una rivoluzione se ti allei con l’establishment né puoi costruire molto se al governo ci metti Sbirulino… Non sopporto chi si fa blandire da una sinistra che si scaglia contro i tuoi e quando non ha più bisogno di te ti getta nel cestino”.

La collocazione internazionale

Quel che emerge, dalla kermesse meloniana, è anche la conferma di una chiara collocazione internazionale. Fdi sta dentro un mondo sovranista che però, come dice il copresidente del gruppo dei conservatori nel parlamento europeo Raffaele Fitto, non è contro l’Ue ma la vuole riformare e sta saldamente dalla parte della Nato. In questo senso, i due premier di partiti alleati a Strasburgo che hanno inviato un messaggio video di saluto hanno espresso parole chiare: “Il gruppo dei conservatori europei – dice il presidente polacco Mateusz Morawiecki – è sempre stato molto critico nei confronti di Putin, ben prima della sua aggressione all’Ucraina”. L’idea è quella di un’Europa delle nazioni, che però “ha bisogno delle garanzie di sicurezza americane: la Nato è il nostro insostituibile ombrello di protezione”. E Petr Fiala, primo ministro della Repubblica Ceca, ringrazia Meloni: “Apprezzo molto le vostre ferme posizioni contro l’attacco russo”. Insomma, la conferma di una cesura netta, che allontana FdI dalle idee di Orban e di Marine Le Pen, visti come leader che non hanno tagliato il cordone ombelicale con il capo del Cremlino. La ratifica del fallimento del progetto di una Destra unica in Europa che era stata vagheggiata da Salvini.

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