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Sarà Gianni Melillo il nuovo procuratore nazionale antimafia. Al Csm batte ai voti, al primo colpo, Nicola Gratteri, al vertice della procura di Catanzaro. Proprio mentre l’Anm sceglie il giorno dello sciopero contro la riforma Cartabia – sarà il 16 maggio – a palazzo dei Marescialli un dibattito acceso e che divide il Consiglio in due, porta alla scelta a favore di Melillo. Determinante, per lui, la posizione assunta dai due capi della Cassazione, il vertice della magistratura italiana. Perché nell’ordine, prima il primo presidente Pietro Curzio, e poi il procuratore generale Giovanni Salvi, esprimono la loro preferenza per Melillo. Che passa con 13 voti, contro i 7 di Gratteri, e i 5 di Giovanni Russo.
Procura nazionale antimafia, in arrivo la scelta: un incastro di correnti decide la sfida tra Melillo e Gratteri
di
Liana Milella
,
Conchita Sannino
Votano per Melillo i 5 consiglieri di Area, i due professori indicati da M5S Alberto Maria Benedetti e Filippo Donati, e il laico di Forza Italia Michele Cerabona, noto avvocato napoletano. Tutti e tre i consiglieri di Unicost, che erano l’ago della bilancia, scelgono Melillo. E i due capi della Cassazione che l’hanno annunciato nel breve dibattito. Com’era nelle previsioni per Gratteri votano i quattro esponenti di Autonomia e indipendenza, Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, nonché Giuseppe Marra e Ilaria Pepe. Per lui anche i due laici indicati dalla Lega Stefano Cavanna ed Emanuele Basile, nonché Fulvio Gigliotti, giurista e calabrese di Catanzaro. Russo prende i quattro voti di Magistratura indipendente e quello del laico di Forza Italia Alessio Lanzi.
I vertici della Cassazione per Melillo
Determinante, dunque, la posizione espressa da Curzio e Salvi. A sorpresa, è proprio il primo presidente Pietro Curzio a prendere la parola dopo le relazioni sui tre candidati. Per Gratteri parla Alessandra Dal Moro della sinistra di Area; per Russo il presidente della quinta commissione Antonio D’Amato di Magistratura indipendente; per Gratteri il laico di M5S Fulvio Gigliotti. E subito dopo la decisione di Curzio di prendere la parola fa capire che il voto a favore di Melillo, già al primo colpo, porterà a una maggioranza netta e quindi non ci sarà bisogno di successive votazioni. Curzio spiega che il suo intervento e poi quello di Salvi hanno un fondamento istituzionale, visto che la procura nazionale antimafia è un ufficio inquadrato nel vertice della Cassazione. Il loro voto per Melillo è “convinto”, proprio sulla base dell’attività professionale del magistrato che già per 9 anni ha lavorato alla procura nazionale occupandosi non solo di criminalità organizzata, ma anche di terrorismo. “Ha dedicato la vita a mafia e terrorismo – dice Salvi – e ha ottenuto risultati brillanti”.
Per Melillo firma immediata da via Arenula
La nomina di Melillo potrebbe essere firmata entro poche ore, per consentirgli di aprire nelle prossime ore, a Palermo, il primo congresso dei procuratori generali europei, appuntamento che simbolicamente apre la serie di celebrazioni per il trentennale della strage di Capaci.
A Melillo i primi auguri arrivano da Piero Grasso, oggi senatore di Leu ed ex presidente del Senato nonché ex capo della procura nazionale antimafia: “Conosco bene l’importanza di quell’ufficio per averlo guidato, e conosco altrettanto bene le capacità professionali e umane di Giovanni Melillo, con cui ho avuto il piacere di lavorare a stretto contatto”.
Comunque il primo “atto” da procuratore di Melillo è stato un piccolo brindisi in ufficio a Napoli con i colleghi. E la nomina della reggente della procura, che sarà Rosa Volpe, la prima donna a napoli a rivestire un incarico di questa importanza. Magistrata famosa per aver fatto condannare a 30 anni Danilo Restivo, l’assassino Elisa Klaps, la ragazza uccisa il cui corpo fu ritrovato nella chiesa della Santissima Trinità di Potenza.
Procuratore antimafia: chi è, di cosa si occupa e che poteri ha
di
Liana Milella
,
Conchita Sannino
I vertici della Cassazione per Melillo
Determinante, dunque, la posizione espressa da Curzio e Salvi. A sorpresa, è proprio il primo presidente Pietro Curzio a prendere la parola dopo le relazioni sui tre candidati. Per Gratteri parla Alessandra Dal Moro della sinistra di Area; per Russo il presidente della quinta commissione Antonio D’Amato di Magistratura indipendente; per Gratteri il laico di M5S Fulvio Gigliotti. E subito dopo la decisione di Curzio di prendere la parola fa capire che il voto a favore di Melillo, già al primo colpo, porterà a una maggioranza netta e quindi non ci sarà bisogno di successive votazioni. Curzio spiega che il suo intervento e poi quello di Salvi hanno un fondamento istituzionale, visto che la procura nazionale antimafia è un ufficio inquadrato nel vertice della Cassazione. Il loro voto per Melillo è “convinto”, proprio sulla base dell’attività professionale del magistrato che già per 9 anni ha lavorato alla procura nazionale occupandosi non solo di criminalità organizzata, ma anche di terrorismo. “Ha dedicato la vita a mafia e terrorismo – dice Salvi – e ha ottenuto risultati brillanti”.
Di Matteo e Ardita per Gratteri
Nella sala del plenum a palazzo dei Marescialli sono state comunque due ore e mezza di dibattito svolto in un clima “di grande rispetto”, come hanno sottolineato sia il vicepresidente David Ermini, sia gli stessi Curzio e Salvi.
Ma è emersa con nettezza la distanza tra il gruppo dei togati di Autonomia e Indipendenza – con l’ex pm antimafia Nino Di Matteo e i colleghi Giuseppe Marra e Sebastiano Ardita schierati per l’attuale procuratore di catanzaro – e la componente di Area che invece si è battuta strenuamente per Melillo.
Da parte di Di Matteo – che tra un paio di mesi, alla scadenza dell’attuale Csm, rientrerà proprio nel suo posto di magistrato della procura nazionale Antimafia, quindi con Melillo come procuratore – è arrivata subito un’osservazione. Attenzione, perché un voto sfavorevole nei confronti di una toga tanto esposto sul terreno dell’antimafia come Gratteri significherebbe nei fatti “la sua delegittimazione”.
È stato questa l’impostazione dell’intervento del magistrato palermitano e subito dopo dello stesso Sebastiano Ardita: “Invertiamo la tendenza della storia del Csm di non nominare candidati contribuendo al loro isolamento” dice Ardita, con un chiaro riferimento alla mancata nomina di Giovanni Falcone al vertice dell’ufficio istruzione di Palermo, quando proprio il Csm votò a favore di Antonino Meli come successore di Antonino Caponnetto. Di Matteo e Adita sostengono che “l’isolamento comporta gravi rischi per chi contrasta la criminalità”. E ancora: “La bocciatura di Gratteri sarebbe una scelta devastante per tutta la cultura antimafia”.
Un’interpretazione di questa nomina a cui replicano, sorpresi, Giovanni Zaccaro, Giuseppe Cascini e Alessandra Dal Moro, di Area. “Non condivido minimamente questa equazione: cioè che fare una scelta che non vada nel senso auspicato da Di Matteo significhi bocciare il lavoro o la caratura di un candidato”, sottolinea Zaccaro. E Cascini: “Sono stato il primo ad aprire una pratica a tutela del procuratore Gratteri, che gode di grande stima, compresa la mia personale. Qui parliamo di tre profili di grande valore, stiamo parlando di magistrati che si sono occupati comunque a lungo di criminalità organizzata e che vivono sotto scorta da anni. Non credo sia giusto porre la questione su un piano diverso”, analisi “pienamente condivisa” dalla collega Dal Moro.
Interviene però ancora Ardita contro il neo procuratore nazionale, con una diversa – e forse non del tutto imprevista – osservazione. “Se la scelta cadesse sul dottor Melillo, si tratterebbe del terzo procuratore napoletano di fila al vertice della Direzione nazionale. Nulla da rilevare ovviamente sulle competenze e il lavoro svolto in particolare sulla camorra napoletana, ma oggi è la ‘ndrangheta la mafia più potente al mondo”.
Rilievo che va nel solco di quanto proco prima aveva indicato anche il collega dello stesso gruppo, Giuseppe Marra, che aveva definito il dibattimento aperto sul’inchiesta di Gratteri “Rinascita Scott” – in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme – come “il più importante dopo il maxi processo di Falcone”. Obiezioni ancora contrastate da Cascini che alla fine sbotta: “Ma non stiamo mica discutendo qui di inviare un civilista a guidare la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo”.