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La Corte Europea: irricevibile ricorso dei poliziotti condannati per irruzione scuola Diaz al G8 di Genova

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Ventuno anni dopo  una delle notti più buie della nostra democrazia, l’ultimo, disperato tentativo dei poliziotti condannati per la macelleria messicana della scuola Diaz al G8 di Genova, fallisce.
I giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno infatti dichiarato irricevibile il ricorso con cui dieci degli alti funzionari condannati per le false prove, i falsi verbali che servivano a nascondere il brutale e gratuito pestaggio di un centinaio di inerti manifestanti, sostenevano che fossero stati lesi i loro diritti alla difesa.

Avevano presentato il ricorso lamentando il fatto che la Corte d’Appello li avesse condannati senza convocare nuovamente i testimoni.

I giudici della Cedu replicano dopo “un’analisi approfondita del dossier e delle osservazioni delle parti” e spiega che “anche se la Corte non ha riconvocato i testimoni le dichiarazioni degli tessi non hanno avuto un ruolo rilevante  nella condanna degli imputati”.
Infatti, dice la Cedu  la condanna si basa sulla ricostruzione  delle numerose prove  documentali e delle dichiarazioni di parte degli stessi poliziotti.

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Inoltre Cedu dice che non è una regola automatica quella che rende nullo un processo solo per il fatto che non siano stati riascoltati dei testimoni.
La Corte all’unanimità dichiara quindi il ricorso irricevibile. La sentenza porta la firma dei giudici Péter Paczolay, presidente, Gilberto Felici e Raffaele Sabato.

Con questa sentenza si può dire definitvamente chiusa la vicenda giudiziaria relativa al G8 del 2001.

Sarebbe stato forse paradossale che i responsbaili di uno degli episodi più oscuri della nostra storia repubblicana, colpevoli di azioni che secondo i giudici hanno infangato la reputaizone italiana a livello internazionale, ottenessero una revisione del processo. Proprio coloro che non solo non rispettarono i diritti umani di manifestanti innocenti ma che durante i processi rifiutarono sistematicamente (a parte un imputato, Fournier) di essere interrogati in aula, hanno anche dimsotrato con questo ricorso di non aver mai realmente riconosciuto le colpe per cui furono condannati. Mancata ammissione che ad alcuni di loro costò anche il riufito da parte dei giudici di poter scontare i pochi mesi di reale condanna prestando la loro opera presso organizzazioni di solidarietà.

SI tratta dell’ennesimo schiaffo non solo a quel gruppo di poter interno alla polizia ma anche llo Stato italiano  che permise per dieci anni, prima che arrivassero le sentenze definiteve, le progeressioni di carriera ai massimi livelli di funzionari non solo imputati ma già condannati in secondo grado.

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E non è tutto, visto che dopo il periodo di divieto di ricoprrie incarichi pubblici alcuni di loro sono rientrati in servizio andando ad occupare ruoli di primo piano, dal numero due della Direzione investigativa antimafia ai comandi dei principali centri operativi della polizia stradale. Senza dimenticare inoltre che le sanzioni disciplinari per i poliziotti responsabili materiali dei pestaggi non sono mai scattate e nei pochi casi in cui sono state effettuate sono state ridicole: 40 euro di multa.

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