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L’eredità del Covid: nel 2021 34 milioni di visite specialistiche in meno. E aumentano le liste d’attesa

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Trentaquattro milioni di visite in meno. Come se nel 2021 oltre un italiano su due avesse rinunciato a fare un accertamento dal cardiologo, dall’urologo, dal neurologo oppure dall’oculista. L’eredità del Covid è molto pesante per l’attività specialistica e non si è sentita solo nel 2020, l’anno dell’arrivo del virus, quello dei lockdown e del sistema sanitario che si è praticamente fermato per dedicarsi a coloro che sono stati colpiti dal Covid. Agenas, l’Agenzia nazionale delle Regioni ha appena pubblicato i numeri completi del 2021, dai quali si vede che anche l’anno scorso il sistema non è ripartito. Anzi, non solo non ha recuperato l’attività perduta ma ha continuato a lavorare di meno. Se nell’anno precedente all’arrivo del coronavirus, il 2019, in tutto erano state fatte circa 226 milioni di visite specialistiche, nel 2021 il dato è stato di 192 milioni, cioè si è vista una riduzione di circa il 15%. Se si considera che nel 2020 si era scesi addirittura a 162 milioni di prestazioni, si ottiene che in due anni si sono “perse” quasi 100 milioni di visite. Un numero enorme che non tiene conto di tutto il resto dell’attività che ha rallentato, come gli esami di laboratorio e radiologici e la chirurgia, in particolare quella programmata.

I numeri nuovi riguardano la seconda parte del 2021. Agenas ha diviso i dati per trimestre. A preoccupare è il fatto la riduzione è stata costante nel corso di tutto l’anno e quindi anche negli ultimi tre mesi, quando il virus era ancora presente (e a metà dicembre è esplosa Omicron) ma i reparti e tutto il sistema sanitario pubblico in generale erano meno impegnati sui pazienti con il Covid. Tra l’altro l’attività specialistica si esercita anche in ambulatori e strutture che stanno fuori dagli ospedali. Agenas prende in considerazione anche alcuni tipi di visite, ad esempio distingue tra i primi accessi dallo specialista e gli accertamenti di controllo. A calare di più, del 23%, sono i primi (passano da 26,7 a 20,5 milioni) ma comunque si riducono molto, del 21%, anche i secondi (passano da 33 a 26 milioni). Il dato peggiore dal punto di vista della salute delle persone è probabilmente questo, perché riguarda pazienti che hanno un problema già diagnosticato e per questo devono essere periodicamente visti da uno specialista. Saltare uno o più appuntamenti può essere rischioso. E inoltre, le prime visite avere comunque una quota di inappropriatezza, cioè di accertamenti che non servirebbero ma vengono comunque richiesti, quelle di controllo teoricamente no.

Altro aspetto del quale tenere conto sono le liste d’attesa. Negli ultimi due anni sono cresciute molto in tutte le Regioni e probabilmente molte più persone rispetto a prima si sono rivolte a strutture e professionisti privati per fare le visite, cosa che ha contribuito a far lavorare di meno il pubblico. Se si osserva come è andata nelle varie Regioni, si vedono come sempre grandi differenze. A sorprendere, è che tra le uniche due che invece di ridurre il numero di prestazioni tra il 2019 e il 2021 hanno visto un aumento, anche se leggero (di circa lo 0,5%) c’è la Campania, che ha recuperato soprattutto nella prima parte dell’anno. Di solito questa realtà non svetta tra le migliori in sanità. Ad avere i dati migliori comunque è la Toscana (+4%), che invece è crescita molto nel secondo semestre. Tra le Regioni grandi non vanno bene il Veneto, con -20%, e il Lazio (-19%). In assoluto il dato più brutto lo ha la Basilicata (-63%) ma qui gli assoluti sono abbastanza bassi.

Abruzzo 4,7 – 3,7 (-21,2%)

Basilicata 3,5 – 1,3 (-62,8%)

Calabria 5,1 – 3,5 (-31,3%)

Campania 18,2 – 18,3 (+0,5%)

Emilia-Romagna 16,6 – 13,8 (-16,8%)

Friuli Venezia Giulia 4,2 – 3,3 (-21,4%)

Lazio 26,8 – 21,7 (-19%)

Liguria 5,8 – 4,5 (-22,4%)

Lombardia 37,2 – 34,2 (-8%)

Marche 5,2 – 3,8 (26,9%)

Molise 1,2 – 0,8 (-33,3%)

Provincia di Bolzano 2,4 – 1,3 (-45,8%)

Provincia di Trento 2,4 – 2 (-16,6%)

Piemonte 19 – 15,5 (-18,4%)

Puglia 16,2 – 14 (13,5%)

Sardegna 7,3 – 6,2 (-15%)

Sicilia 15,3 – 12,6 (-17,6%)

Toscana 13,9 – 14,5 (+4,3%)

Umbria 3 – 2,4 (-20%)

Valle d’Aosta 0,4 – 0,3 (-25%)

Veneto 16,1 – 12,8 (-20,4%)

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