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Coppia morta in Appennino, i seguaci di Ramtha tra affari e complotti. “Ma noi insegniamo la vita, non il suicidio”

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“Ci bendavano gli occhi e dentro un campo di calcio recintato vagavamo cercando un simbolo nascosto chissà dove e tiravamo con l’arco sperando di prendere il bersaglio senza guardare. All’inizio sì, ci prendevano per matti”. La fantasia non mancava nei raduni che per due o tre giorni affollavano Spinello e Sportilia, un gioiellino sull’Appennino romagnolo che da ritiro della Nazionale è diventato, poco prima del 2012, la roccaforte dei seguaci di Ramtha. 

Lì si sono rifugiati, credendolo un luogo sicuro che si sarebbe salvato dalla profezia dei Maya sulla fine del mondo prevista per il 31 dicembre 2012 – al pari di Cisternino in Puglia, di Bugarach sui Pirenei o di Smirne in Turchia – una settantina di “studenti”, così si chiamano, della Scuola di illuminazione (Rse), fondata da J.Z. Knight a Yelm, Washington, e ramificatasi poi, come in un franchising spirituale, con 10 mila iscritti in giro per il mondo, Italia compresa.

Con loro pure Paolo Neri e Stefania Platania, morti suicidi con un colpo di pistola. “Hanno frequentato i corsi della Rse tra il 2003 e il 2012 – spiega il portavoce di Ramtha, Mike Wright – Siamo addolorati, i nostri insegnamenti celebrano la vita, la loro scelta non fa parte della nostra filosofia”. E al momento anche la procura non indaga per istigazione al suicidio e non ha tracciato legami tra il drammatico gesto e quell’ultimo biglietto lasciato dalla coppia su “un nuovo luogo dove vivere in pace”.

I due pensionati, ex dipendenti del Senato, avevano partecipato per l’ultima volta a un seminario nel 2012. Ma almeno fino al 2020, prima della pandemia, ai raduni di Spinello c’erano decine di persone, la musica rock, i progetti di vita totalmente ecosostenibili e autosufficienti, suggestioni New Age, qualche visione complottista, rivelazioni o presunte tali di neuroscienze, biologia, fisica quantistica e anche un business legato a corsi da seguire, seminari da frequentare, libri da acquistare, audio da scaricare e non copiare perché soggetti “al copyright che io ho imposto”, dice Ramtha. Una sorta di comunità hippie unita dagli insegnamenti di un dio guerriero vissuto 35 mila anni fa.

“Ai raduni – racconta un ex studente – era consigliato non avere contatti con l’esterno per focalizzarsi sugli argomenti illustrati e le discipline da praticare. Ma c’era la massima libertà, chi voleva poteva allontanarsi. Però non conviene a nessuno pagare 1.200 euro e non partecipare alle attività”.

Si parlava di meccanica quantistica, universi e realtà parallele, ricordano altri. “Conosci ed evolvi te stesso” era il motto per essere “sovrani e autosufficienti”. Fino all’autoguarigione. “Sono Fabio, ho 39 anni e risiedo a Viareggio. Questa mattina abbiamo praticato una disciplina dedicata alla cura del corpo e sono riuscito a recuperare la vista da un occhio, velato da una cataratta”, è la testimonianza in un forum di Ramtha. Altri hanno raccontato di “una ragazza che voleva diventare invisibile e ha realizzato parzialmente il suo desiderio”, alcuni di essere riusciti a concretizzare “la bilocazione, stando in più posti nello stesso momento”. 

Oltre allo studio sulle tecniche di respirazione, la coscienza e l’energia, la materia e l’evoluzione, c’erano gli esercizi spirituali preceduti da balli con musica dance ad alto volume “per svegliare il corpo e la mente”. 
“Fino a qualche anno fa – spiega una “studentessa” che ha poi lasciato il gruppo – facevamo anche dei seminari di formazione: in attesa dei tempi bui che sarebbero venuti, per prepararci all’autosufficienza e all’autonomia studiavamo i formaggi fai-da-te, l’allevamento delle api, la costruzione di seghe manuali, bagni chimici, scalda acqua a legna, cibo liofilizzato, kit di primo soccorso, antibiotici naturali, caccia e poi laboratori sul fuoco, sui nodi, sulla lettura delle mappe o sui giochi da tavolo per passare il tempo”. 
Qualcuno leggeva le carte e carte da gioco ‘con la tecnica dell’infrarosso’. “Ci prendevano per stregoni, ma era un modo per sfruttare le capacità del nostro cervello”.  “Io mi sono avvicinato a Ramtha perché ero appassionato di fisica – racconta Daniele, veneto – Andavo fino a Yelm a seguire conferenze sulle matrici, la teoria delle stringhe. Alcuni amici si sono anche trasferiti lì, vivevano in camper. Ma poi ha preso una deriva che non mi piaceva più, c’erano troppi interessi legati ai soldi e ho deciso di uscirne”. “Siamo una comunità rigida ma aperta”, spiegava anni fa un altro ex, Arno, altoatesino. “Chi si iscrive è libero di uscirne quando vuole”, al contrario di molte sette. Ma per restare studenti “sul sentiero della conoscenza” sono necessari “due corsi all’anno e tanta disciplina”. 

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