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Il menu della festa, tutto fatto in casa dalla signora Anna, prevedeva lasagne, polpette al sugo, pasta e ceci e verdura ripassata. Ma il vero piatto forte del pranzo con cui Goffredo Bettini, gran visir della politica romana, ha festeggiato due giorni fa il suo 69simo compleanno nella sperduta villetta a due piani dell’ex autista storico, Libero Bozzi, era ben altro.
Goffredo Bettini
A prima vista, il panorama offerto al centinaio di invitati al genetliaco del dirigente pd più influente dell’Urbe è infatti la periferia de La Storta, remota frazione a nord della Capitale, ma l’orizzonte verso cui in tanti volgono lo sguardo nei vari conciliaboli spuntati qua e là all’ombra del patio è assai più distante da lì. Punta dritto al colle più alto, di cui ormai da settimane non si fa che parlare: il Quirinale.
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Nulla di ufficiale, per carità. Nel discorso venato d’ironia e ricordi d’antan con cui Bettini saluta i suoi ospiti – “Tutte persone con cui ho vissuto delle straordinarie esperienze” – non se ne fa cenno. Ma la presenza attorno allo stesso desco di Giuseppe Conte e Gianni Letta (ma non del nipote Enrico, il segretario dem in trasferta a Siena), dei ministri Orlando e Franceschini insieme ai sindaci Gualtieri e Manfredi, del vicesegretario dem Provenzano e del governatore Zingaretti mescolati a una pletora di assessori e parlamentari, è l’occasione per valutare in capannelli appartati gli scenari della partita più importante dei prossimi mesi. Tutti d’accorso su una premessa: se Draghi vorrà ascendere al Colle nessuno potrà sbarrargli il passo. “Verrà eletto in cinque minuti”, sulla scorta però di un accordo che blindi la legislatura. Sarà poi lui a indicare il premier incaricato di portare le Camere a scadenza naturale, ché le urne anticipate non le vuole nessuno se non Fdi e un pezzo di Lega. Troppo poco per precipitare il Paese a elezioni. Sul punto, nella villetta di periferia, in pochi hanno dubbi: a palazzo Chigi andrà il ministro del Tesoro Daniele Franco, l’uomo di cui l’ex capo della Bce si fida di più.
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È in questo quadro che si iscrive il destino di alcuni dei presenti. Zingaretti lascerebbe la Regione per entrare nel nuovo governo. E il Lazio andrebbe al voto un anno prima, insieme alle amministrative di primavera, con un candidato di centrosinistra già individuato: Enrico Gasbarra, ex deputato in Italia e in Europa con solidi rapporti Oltretevere. Ipotesi sussurrate a mezza bocca. Da tenere per adesso al riparo. Come fa il festeggiato, che pubblicamente si esibisce in frizzi e lazzi. E così quando Conte arriva, in forte ritardo ma accolto dagli applausi, Bettini scherza: “Se vogliamo avere un rapporto unitario, deve essere paritario”, lo apostrofa guardando l’orologio e domandando fra gli sghignazzi: “Dov’è il regalo?”. Parla d’amicizia, il regista del “modello Roma”, dei legami di solidarietà creati in questi anni, e gli occhi vanno verso Letta zio che siede a un passo.
“Adesso è tutto in movimento, ci sono persone che hanno idee, orientamenti diversi”, accenna al governo Bettini, a quel che potrà accadere di qui a febbraio. “In questo momento non ci si capisce niente”, perciò “è ora di far funzionare il cervello e di rimettere insieme questa amicizia che è un patrimonio”. E se son rose, tra grillini e forzisti, certo fioriranno: magari anche grazie a lui. Perciò “ringrazio in particolare Luigi, ehm Giuseppe”, finge di confondere Di Maio con Conte, un giochino che fa spesso. Lui “è una new entry dei miei compleanni che spero si ripeta in futuro”. L’ultima battuta è per il Quirinale, argomento tabù solo per finta: “Io non so chi sarà il prossimo presidente della Repubblica, ma chiunque sarà una cosa vorrei chiedergli”, celia Bettini: “Di farmi corazziere!”. E giù risate.