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Aborto, in Italia le interruzioni di gravidanza diminuiscono. Ma 2 ginecologi su 3 sono obiettori

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Cala il numero di aborti in Italia ma il 64 per cento dei ginecologi è un obiettore di coscienza. I dati vengono fuori dalla Relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 194/78 sulle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg).

I numeri delle interruzioni volontarie di gravidanza

Il Rapporto, che si riferisce al 2020, raccoglie i dati del Sistema di sorveglianza da cui emerge che nel corso dell’anno preso in esame in tutto sono state 66.413 le Ivg, il 9,3% in meno rispetto al 2019.

Il tasso di abortività è pari a 5,4 ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni, un numero tra i più bassi a livello internazionale e in calo del 6,7% sempre sul 2019.

Gli aborti sono diminuiti in tutta Italia e in particolare al Sud e nelle Isole. Le regioni in cui si è osservato il calo maggiore in numeri assoluti di interruzioni volontarie di gravidnza sono la Basilicata, la Sicilia, la Puglia, la Lombardia, la Sardegna e, unica del Nord, la Valle d’Aosta.

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Le ragioni del calo costante di Ivg

Tra le ragioni del calo costante degli ultimi anni la Relazione ministeriale ipotizza anche in parte “l’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle tre determine Aifa che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione medica per l’Ulipristal acetato, noto come ‘pillola dei 5 giorni dopo’ e per il Levonorgestrel, noto come ‘pillola del giorno dopo’ per le donne maggiorenni. La terza determina Aifa ha eliminato l’obbligo di prescrizione per l’Ulipristal acetato anche per le minorenni“.

I numeri degli obiettori

Al tempo stesso nella Relazione si denuncia la situazione che riguarda il personale medico e non medico che rifiuta di eseguire interventi per l’interruzione di gravidanza in quanto obiettore di coscienza. Anche in questo caso la percentuale si è ridotta, ma lievemente e i numeri restano ancora elevati: l’obiezione riguarda 2 ginecologi su 3 e quasi 1 anestesista su 2, con picchi superiori all’80% in alcune regioni.

Secondo la Relazione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali.

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Nella provincia autonoma di Bolzano esercita il diritto all’obiezione l’84,5% dei ginecologi, in Abruzzo l’83,8%, in Molise l’82,8%, in Sicilia l’81,6%, in Basilicata l’81,4%. I minori tassi di obiezione tra i ginecologi si riscontrano in Valle d’Aosta (25%), nella Provincia autonoma di Trento (35,9%) e in Emilia Romagna (45%).

Più basso il tasso di obiezione tra gli anestesisti ma nel 2020 è il 44,6%, in lieve aumento rispetto al 43,5% del 2019. Anche in questo caso si registrano ampie differenze regionali: si va dal 20% della Valle d’Aosta al 75,9% della Calabria.

Tra il personale non medico, l’obiezione si attesta al 36,2% (era al 37,6% nel 2019) con una forbice che va dal 13,3% della Valle d’Aosta al 90% del Molise.

Speranza: “Il diritto all’aborto va garantito dalle Regioni”

“Permane elevato il numero di obiettori di coscienza per tutte le categorie professionali sanitarie, in particolare per i ginecologi. L’organizzazione dei servizi Ivg deve essere tale che vi sia un numero di figure professionali sufficiente da garantire alle donne la possibilità di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, come indicato nell’articolo 9 della legge n. 194/78. Questo dovrebbe essere garantito dalle Regioni, per tutelare il libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e l’accesso ai servizi Ivg e minimizzare l’impatto dell’obiezione di coscienza nell’esercizio di questo diritto”, ha scritto nelle conclusioni alla Relazione il ministro della Salute Roberto Speranza.

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