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Agricoltura, Mosca alza il tiro: “Il nostro grano solo ai Paesi amici”

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Cibo e prodotti agricoli russi solo “ai Paesi amici”. Il potere dell’export non si limita al gas: a ricordarlo in un intervento pubblicato su Telegram, dal titolo “Il nostro cibo contro le loro sanzioni”, l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora vicepresidente del Consiglio di Sicurezza. La Russia, scrive, dispone di “un’arma silenziosa ma minacciosa”: il valore dell’export agricolo russo l’anno scorso ha superato i 37 miliardi di dollari. Dopo che due giorni fa aveva adombrato l’ipotesi che la Russia potesse imporre il pagamento in rubli proprio sul grano, oltre che su una serie di prodotti di peso nell’export, dal legname agli oli vegetali, adesso Medvedev alza il livello delle possibili ritorsioni rispetto alle sanzioni imposte da Stati Uniti e Unione Europea.

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La Russia è il principale esportatore di grano del mondo e quindi, nonostante la Commissione Europea abbia ribadito che l’Unione è autonoma sotto il profilo del cibo, e che non c’è nessun rischio di carenza di prodotti, la minaccia ha il suo peso, anche per un Paese come l’Italia che, secondo le rilevazioni di Coldiretti, importa da Mosca appena il 2,3% del totale del grano che compra dall’estero. Perché comunque il peso di un grande produttore come la Russia è tale da indirizzare tutto l’andamento del mercato mondiale, a cominciare dal prezzo. E se anche l’Europa si salvasse ma la carestia colpisse altri Paesi vicini, più poveri, le conseguenze ci riguarderebbero comunque. Senza contare che anche in Europa, ha ammesso la stessa Commissione, un aumento eccessivo dei prezzi dei beni primari potrebbe mettere in forte difficoltà le fasce più povere della popolazione.

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di
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L’Italia l’anno scorso haimportato dalla Russia 153 milioni di chili di grano, per due terzi grano tenero, una quantità limitata, sostituibile senza troppe difficoltà con importazioni da un altro Paese o con un aumento della produzione interna. Direzione verso la quale Bruxelles si è già mossa, ricordaPaolo De Castro, componente della commissione Agricoltura dell’Europarlamento, con la decisione 2022/84 che ha autorizzato la coltivazione 4 milioni di ettari aggiuntivi, che in precedenza erano “a riposo”, dei quali 200 mila in Italia: “I problemi maggiori ci saranno per Paesi come l’Egitto, il Marocco, la Tunisia, fortemente dipendenti dal grano russo”. A preoccupare l’Italia, rileva Coldiretti, sono piuttosto le difficoltà legate alle importazioni dall’Ucraina, in particolare i cereali che, come il mais, vengono utilizzati dagli allevatori per i mangimi. Anche su questo la Ue si è già mossa, spiega De Castro: “Abbiamo autorizzato un piano da 300 milioni di euro a sostegno degli agricoltori ucraini. Visto che il porto di Odessa è bloccato, utilizziamo i treni per esportare in Ucraina attraverso il confine romeno semi e altri materiali; i treni poi ritornano pieni di mais e di semi di girasole. Sta funzionando, anche se le navi permettono il trasporto di quantitativi maggiori”.
Per l’Italia e per molti altri Paesi Ue avrebbe però particolarmente peso unblocco dell’export dei fertilizzanti da parte della Russia, o comunque un obbligo di pagarli in rubli, che li renderebbe ancora più cari. L’Italia importa da Russia, Ucraina e Bielorussia il 15% dei fertilizzanti che arrivano dall’estero, secondo l’analisi di Coldiretti su dati Istat. Sostituirli non è facile, spiega De Castro: “I fertilizzanti russi sono tra i pochi a rispettare i parametri Ue sui residui inquinanti di cadmio. Mentre non possiamo utilizzare quelli che arrivano dalla Cina, o dal Nord Africa”. In Italia si sta intensificando la produzione di fertilizzanti naturali dai residui della produzione di biogas, ma ancora si tratta di quantità minime rispetto al fabbisogno. E la mancanza di fertilizzanti, unita alla siccità di questi mesi, potrebbe pesare sulla quantità e sulla qualità della nostra produzione di cereali. Ecco perché i produttori si aspettano forti aumenti di prezzo nei prossimi mesi, soprattutto nell’ultima parte dell’anno. E qualcuno non esclude neanche che potrebbero scarseggiare alcuni tipi di prodotto.

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