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“I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”. Finisce così il famoso “bollettino della vittoria”, con cui Armando Diaz, capo di stato maggiore del Regio Esercito, annunciava la disfatta dell’Impero austro-ungarico dopo la battaglia di Vittorio Veneto e l’armistizio di Villa Giusti, il 4 novembre 1918. L’Italia vinceva la Grande guerra e portava a compimento l’unificazione nazionale, annettendo Trento e Trieste. L’impero asburgico tramontava per sempre.
La nascita della festa
Il bollettino è anche scolpito sul marmo dell’Altare della patria a Roma, monumento che non a caso è al centro delle celebrazioni della festa delle forze armate, ogni 4 novembre. La giornata commemora, appunto, la vittoria italiana nella Prima guerra mondiale – durante la quale morirono oltre 600mila nostri soldati. Fu istituita per la prima volta nel 1922 e fino all’anno scorso si chiamava ufficialmente solo “Giorno dell’Unità nazionale”. Ma, come ha scritto il presidente Sergio Mattarella due anni fa, “il fatto di ricomprendere in questa giornata la festa delle Forze armate appartiene alla tradizione e a quel sentimento di omaggio alla memoria che trova grande riscontro nella coscienza delle nostre comunità”. Per questo, nel marzo scorso, una nuova legge ha istituito la “Giornata dell’Unita’ nazionale e delle Forze armate”.
Le celebrazioni
Per tradizione, in occasione del 4 novembre e nei giorni precedenti, le più alte cariche dello Stato omaggiano i caduti di tutte le guerre visitando i diversi luoghi della memoria. Stamattina il presidente Mattarella deporrà una corona d’alloro sulla tomba del Milite Ignoto all’Altare della patria, insieme alla premier Meloni. Poi il capo dello Stato visiterà il sacrario militare di Redipuglia e parteciperà a una cerimonia in piazza San Marco a Venezia.