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Il ruolo dell’imperatore del Giappone è molto mutato nei secoli. In tempi antichi il “sovrano celeste” governava effettivamente il Paese. Ma il suo potere lentamente svanì: diventò una figura più religiosa che politica, confinato nella corte di Kyoto, mentre il Sol levante era governato dai potentissimi shogun, che risiedevano a Edo (poi ribattezzata Tokyo).
Questo sistema finì ufficialmente il 9 novembre 1867 quando Yoshinobu, l’ultimo shogun della dinastia Tokugawa – al potere dal 1603 – rassegnò le dimissioni. Non tutti accolsero con favore la novità (scoppiò la guerra Boshin), ma ormai la via era segnata: dopo secoli il Tenno tornò a esercitare “la suprema autorità in tutti gli affari interni ed esterni del Paese”. Nasceva il Giappone moderno, che si costruì a immagine di un regno europeo: costituzione ispirata a quella del Reich tedesco, con ampi poteri per l’imperatore.
Dopo la Seconda guerra mondiale gli americani imposero la trasformazione del Paese in una monarchia costituzionale: privato delle sue prerogative divine e del potere, oggi il sovrano è una figura largamente simbolica, emblema dello Stato e dell’unità del popolo.