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Passa da ben diciotto aliquote, la flat tax targata Lega. La chiamano aliquota unica ma è una “grande menzogna”, s’indigna il renziano Luigi Marattin. Il presidente uscente della commissione Finanze è andato a spulciare il progetto di legge datato 2020, a prima firma di Armando Siri e con in calce la sottoscrizione di Matteo Salvini e tutti i suoi senatori. E si è accorto che la tassa piatta al 15% rilanciata in campagna elettorale è poco più di una promessa per il futuro, che passa da un sistema arzigogolato con diciotto tassazioni diverse, e coperture tutte da dimostrare, per un costo finale monstre di 38 miliardi.
Marattin racconta di essere andato a ripescare la proposta, dopo che lo stesso Siri in tv lo ha invitato a farlo. E di non aver creduto ai suoi occhi: “Flat tax vuol dire aliquota unica. Quindi mi aspettavo un sistema con una sola aliquota fiscale, al 15%. Purtroppo nel disegno di legge c’è scritto tutt’altro”.
Il testo descrive in effetti l’introduzione della flat tax, ma in due tempi (tre, in realtà, secondo i leghisti, perché contano la tassa al 15% già introdotta per le partite Iva fino a 65mila euro). E nella fase che la Lega vorrebbe avviare subito dopo la vittoria delle elezioni, scoprire la propria tassazione sarebbe un vero rompicapo. Si tratta infatti di un meccanismo che passa dal reddito individuale al reddito familiare e richiede di calcolare “complicate deduzioni”.
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Ma poi a ciascuna fascia di reddito applica un’aliquota diversa. Il 15% si applica per redditi familiari fino a 26mila euro per contribuenti che non abbiano coniuge né figli, fino a 50mila euro per contribuenti con un coniuge o un familiare a carico, fino a 65mila euro per due coniugi contribuenti. Ma poi inizia il rompicapo. Perché oltre quei limiti l’aliquota verrebbe aumentata in base al reddito e al carico familiare. Il risultato, denuncia Marattin, è che si arrivano a contare “quattordici aliquote”. E non finisce qui, perché i soggetti cui non si applica il reddito familiare, continuerebbero a essere tassati secondo le normali aliquota Irpef, tre in tutto: 23%, 27%, 38%. Insomma: tassa secca al 15%, più 14 aliquote, più altre tre. Ecco come si raggiungono diciotto aliquote.
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Nascono forse da qui i dubbi di Giorgia Meloni, il rifiuto di scrivere la promessa di flat tax al 15% nel programma elettorale? I leghisti nella loro proposta di legge presentano il sistema multi-aliquota come transitorio, con l’obiettivo finale di una tassa davvero piatta, per tutti al 15%. Ma su quell’obiettivo, obietta Marattin, pesa il problema delle coperture. Nella fase transitoria infatti il costo stimato è 22 miliardi, ma i fondi si vogliono ricavare da un “aumento di fedeltà fiscale conseguente alle misure di cui al presente titolo”. Idem nella fase finale, per la quale si stima un costo da 38 miliardi. Ma, strabuzza gli occhi il deputato di Iv, “come sanno anche i sassi, in nessun caso si può usare a copertura un aumento eventuale derivante dalle misure che si stanno introducendo e che si sta appunto cercando di coprire”. E infatti la proposta Siri mette le mani avanti: qualora non si trovassero le risorse necessarie, si userebbe “maggiore flessibilità”. Il che vorrebbe dire fare più debito e cioè approvare quello scostamento di bilancio che Mario Draghi ha sempre negato, perché temeva di mettere a rischio la tenuta della finanza pubblica.