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Android ha un clico di rilascio annuale ormai dalla versione 9 Pie: ogni anno, tra agosto e settembre, Google rilascia il suo major update, e circa 6 mesi dopo iniziano i lavori sulla developer preview della successiva versione. In realtà la situazione è anche più ingarbugliata di così, perché poi ci sono i Quarterly Platform Release, cioè dei rilasci intermedi, a cadenza teoricamente trimestrale, tra una major release e la successiva. Avevamo già parlato la scorsa primavera di quanto Android sia un cantiere sempre aperto, e ora che Google ha annunciato che anche Wear OS avrà la stessa, annuale cadenza, non possiamo fare a meno di chiederci: ma è davvero necessario?
Perché un nuovo Android ogni anno?
Inutile girarci tanto attorno: il marketing ha un ruolo fondamentale in questa regolare cadenza di aggiornamenti, tanto più che solitamente Google gioca in lieve anticipo rispetto ad Apple, che sempre a settembre svela i nuovi iPhone, con i quali poi arriverà la nuova versione di iOS per l’anno in corso.
Il problema è che se, da un punto di vista mediatico, ha senso contrapporre i due sistemi operativi, da un punto di vista pratico non ce n’è ragione.
Android, al contrario di iOS, ha sempre meno bisogno di aggiornamenti del sistema operativo per portare nuove funzioni ai suoi utenti, perché Google ha “scorporato” tutto lo scorporabile. Da project treble a mainline, lo scopo di Google è stato quello di aggiornare più componenti possibile tramite il Play Store/Play Services, e per più utenti possibile alla volta, a prescindere la produttore del loro smartphone o dalla versione di Android in questione.
Su iOS invece è diverso, ed a volte anche per aggiornare alcune app e funzionalità è necessario un update del sistema operativo. Apple inoltre produce sia software che hardware, e spesso il primo è cucito sulle specificità del secondo, basti pensare alla dynamic island degli iPhone 14, quindi molto spesso i nuovi iPhone hanno proprio bisogno di un nuovo sistema operativo.
Le ragioni della casa di Cupertino sono insomma diverse da quelle di Google/Android, e rincorrere Apple in tal senso… non ha senso!
I produttori stanno dietro a fatica
Android è bello perché vario. Ci sono tanti produttori diversi (anche se, inutile negarlo, Samsung conta più di tutti), e ciascuno di questi ha la sua interfaccia personalizzata che cerca in qualche modo di migliorare Android o comunque di renderlo più personale per i suoi utenti. Peccato che, soprattutto da quando Google ha dato cadenza annuale agli aggiornamenti del sistema operativo, l’impressione è che i vari OEM fatichino sempre più a stargli dietro con le loro novità.
Tra una major release di Android e la successiva non c’è infatti più molto spazio per il produttore X di infilarsi nel mezzo e confezionare qualcosa di nuovo per la sua interfaccia; al massimo lo farà all’uscita della successiva versione dell’OS, ma aggiungere novità ulteriori (oltre a quelle portate da Google e che poi vanno o meno implementate) causa facilmente ritardi che gli utenti più affezionati non vedranno di buon occhio.
Le varie MIUI, One UI, Color OS, ecc. sono insomma meno vivaci di un tempo, un po’ perché anche loro non possono certo reinventare la ruota ogni anno, un po’ perché devono stare dietro a dei ritmi serrati per uscire ogni anno con la loro versione del nuovo Android; che spesso poi introduce cambiamenti che magari erano già presenti da tempo nella skin di turno, e che quindi magari devono essere reingegnerizzati.
L’importanza degli aggiornamenti “giusti”
Non fraintendetemi, gli aggiornamenti sono importanti, soprattutto quelli di sicurezza, che rappresentano un ulteriore mattone sulla schiena di ciascun produttore. Detto questo appunto, l’utilità di dover rilasciare un Android 13, che agli occhi degli utenti è solo un 12.1 (ne avevamo già parlato, ricordate?), costringendo in un certo senso i vari produttori a venerti dietro più velocemente possibile, sinceramente mi sfugge.
E lo stesso ragionamento può valere anche per Wear OS, che ha avuto sì una storia più travagliata di quella di Android, ma che comunque proprio in tempi relativamente recenti si è rinnovato.
Forse nel suo caso può valere la pena insistere di più sulle nuove versioni, visto lo strapotere di Apple Watch, ma non per questo dovrebbero diventare per forza a cadenza annuale: bastarebbe che Google non si dimenticasse di spingere anche su di lui, e visto che il primo smartwatch dell’azienda è uscito proprio in questi giorni, il passato non depone proprio a suo favore.
Ci vogliono novità, ci vogliono nuove funzioni, ma ci vuole anche il tempo giusto per implementarle, e quel tempo non può essere dettato dal calendario solare, soprattutto se non hai niente di davvero nuovo da dire. Prima Google farà un passo indietro, meglio sarà per l’intera piattaforma, che potrà tornare a progredire anche in modo più indipendente tra i vari OEM, che magari ritroveranno il tempo di farsi un po’ più di concorrenza anche sul software, a tutto vantaggio degli utenti.