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Baby squillo per una borsa firmata: ragazze in vendita a 500 euro nella Roma bene

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“Un gioco”. Un gioco dove si guadagnano soldi. Tanti soldi in poco tempo. È iniziato così. Poi è diventato un lavoro clandestino, da tenere ovviamente nascosto ai genitori. Prostituirsi appena maggiorenni. Farlo, però, per comprare borsette griffate, scarpe di marca, abbigliamento delle più blasonate maison e cellulari di ultima generazione. Perché a casa il denaro non manca, ma non basta quando si tratta di concedersi accessori di lusso. Succede a Roma, sul litorale, dove la Capitale si specchia nel mare. Siamo all’Infernetto e a Ostia.

Qui, come ricostruito dagli investigatori, quattro ragazze da un anno hanno deciso di mettere in piedi un giro d’affari sotterraneo con un loro amico, ex compagno di classe e fidanzato di una di loro. Il patto è chiaro: le giovani ci mettono il corpo, lui le amicizie, la pubblicità nei posti che contano e, quindi, una clientela accuratamente selezionata. Professionisti e imprenditori bussano alla porta. Il “gioco” funziona e va oltre le aspettative. Sono tutti pazzi per le quattro ragazzine. E così, in appena 12 mesi, il business messo in piedi vola.

Ora, però, gli inquirenti hanno messo nel mirino l’amico “manager” delle quattro. Per lui, l’accusa formulata dai pubblici ministeri, è sfruttamento della prostituzione. Anche se non ricopre il classico ruolo del protettore, il ventenne si serviva delle amiche. Questo il concetto. Nessun obbligo o violenza sulle giovani. Nessun ricatto. Semplicemente incassava la metà dei soldi a patto che chi le incontrasse fosse una persona di fiducia. Uno a posto, insomma.

Tuttavia agevolare la prostituzione, in Italia, è un reato anche se le ragazze sono consenzienti. In questo caso nessuno, apparentemente, le avrebbe costrette. Il giovane nel mirino le avrebbe manipolate? Questo è un interrogativo a cui, chi indaga, sta cercando di dare una risposta. Ma ad oggi non sembra essere così. L’ipotesi, appunto, è che abbiano stretto un patto che prevede un mutuo guadagno.

Ma chi sono le ragazze? Sono tutte giovanissime, tutte italiane, tutte romane, tutte tra i 18 e i 20 anni. Una delle quattro, da ripetente, frequenta l’ultimo anno delle superiori, un corso serale. Sono figlie di facoltosi commercianti o anche di persone meno abbienti, ma con redditi dignitosi. Dipendenti pubblici ad esempio. Vendere il corpo per motivi economici non è il loro obiettivo. O meglio lo è, ma solo per regalarsi costosi accessori di marca.

Il grande gioco avviene all’insaputa dei genitori delle giovani. Nessuno di loro ne è al corrente. Quando gli incontri si prolungano per ore, magari la notte, si inventano scuse banali. “Rimango a dormire a casa di un’amica”, quella più utilizzata. Ma gli appuntamenti vengono fissati anche di giorno.Ecco che il loro amico li organizza in due hotel al centro di Roma.

Alberghi extra lusso, la stanza la paga sempre il cliente. Un hotel a Trastevere, l’altro in Prati. In alcuni casi il ventenne mette a disposizione il suo appartamento all’Infernetto. Chi chiede di incontrarle è generalmente un uomo, ben sopra i 40 anni. Pronto a pagare come minimo 400-500 euro per un incontro. Mai le quattro, come emerge dall’indagine, hanno avuto problemi con i loro clienti. Nonostante ciò, il loro amico le monitorava: le ragazze si eano fatte installare un’app sul cellulare che permetteva all’amico di geolocalizzarle quando si trovavano con i clienti. Il grande gioco, però, adesso è finito.

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