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Bagnanti in rivolta per le spiagge negate: “Il mare non si paga”

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AAA spiaggia cercasi. Possibilmente gratuita e accessibile. Perché anche andare al mare non è impresa semplice. Almeno per quella fetta di popolazione che non può pagare profumatamente i lidi privati dove il prezzo giornaliero per due adulti può arrivare fino a 75 euro. E così, per raggiungere i pochi tratti di sabbia ancora gratuiti, bisogna attrezzarsi di tanta pazienza e spirito di avventura. Situazioni al limite del surreale, come quelle che capitano a Napoli: una delle poche spiagge ancora libere si trova davanti allo storico Palazzo Donn’Anna, da dove si tuffava lo scrittore Raffaele La Capria, scomparso ieri. Oggi due lidi si dividono il tratto di costa, con eccezione di pochi metri quadrati lasciati gratuiti per i quali, però, il Comune ha stabilito una quota massima di 12 persone. Per arrivarci, i bagnanti devono superare un cancello chiuso con un catenaccio (la cui apertura dipende dal bagnino di un lido privato), superare due stabilimenti, accovacciarsi sotto una piattaforma in legno e attraversarla carponi tra l’acqua del mare che arriva alle caviglie. Situazione limite, ma il problema accomuna tutta la penisola.

Secondo i dati di Legambiente nel rapporto del 2021, “le concessioni sul demanio costiero sono arrivate a 61.426, mentre erano 52.619 nel 2018. Di queste, 12.166 sono per stabilimenti balneari, contro le 10.812 del 2018, con un aumento del 12,5%”. L’associazione ambientalista stima che dal 2000 a oggi siano raddoppiate. Sono invece 1.838 quelle per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici (nel 2018 erano 1.231). “Complessivamente si può stimare — scrive Legambiente — che meno di metà delle spiagge del Paese sia liberamente accessibile e fruibile per fare un bagno”. In Liguria, Emilia-Romagna e Campania quasi il 70 % delle spiagge è occupato dai lidi. Problema comune, quindi, a tutta la penisola anche se Legambiente sottolinea che “in Emilia-Romagna l’accessibilità è sempre garantita a tutti ed in Veneto ci sono ampi spazi di spiaggia libera di fronte agli ombrelloni degli stabilimenti”.

Situazione ben diversa rispetto a quella di Ostia, ad esempio, dove i militanti di “Mare libero” sono stati aggrediti dal personale di un lido perché cercavano di entrare sulla battigia attraverso un varco pubblico. Domenica scorsa, invece, gli attivisti dei comitati partenopei hanno lanciato un simbolico assalto in kayak e canoe per protestare contro le concessioni e denunciare che “il mare non bagna Napoli”. «Non vogliamo pagare per ciò che è già nostro — spiegano gli attivisti napoletani di “Mare libero e gratuito” — La privatizzazione aumenta in diretta relazione all’aumento dei prezzi e del carovita. La speculazione nega il diritto al mare». Tema caldo anche per le sempre più pressanti richieste dell’Ue per liberalizzare le concessioni e rinnovarle con nuove gare, rivolte a tutta l’Europa.

E non va meglio in Liguria dove una legge per difendere le spiagge libere esiste già dal 2008, ma sono pochissimi i Comuni che la rispettano. «La normativa regionale prevede il 40% tra spiagge libere e attrezzate ma non è prevista alcuna sanzione per chi non la rispetta — spiega Stefano Salvetti, presidente regionale di Adiconsum — È impensabile avere una parte della costa ligure occupata dai lidi anche per il 90%. Le spiagge sono un bene pubblico e vanno salvaguardate».

Ben 114 chilometri di spiaggia ligure risultano occupati mediamente per il 69.9% da stabilimenti con Comuni come Laigueglia o Diano Marina dove le libere non arrivano neppure a una su dieci. E il coordinamento nazionale di “Mare Libero” annuncia per il prossimo 14 luglio “la presa della Battigia, mobilitazione per la liberazione delle spiagge”.

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