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MILANO – Da Budapest a Marbella. Dal selfie con Orban sulle sponde del fiume che ispirò Esiodo, Ovidio e Johann Strauss, al palco di Vox, l’estrema destra spagnola che strizza l’occhio al nostalgismo franchista. In mezzo, l’asse con il pregiudicato Steve Bannon, il “signore nero” colpevole di oltraggio al Congresso e già accolto come una star dai “patrioti” ad Atreju. L’uomo che ha definito Meloni, elogiandola, una “fascista, neofascista”. E poi la saldatura con i primi ministri polacco e ceco, Mateusz Morawiecki e Petr Fiala (intervenuti alla kermesse di Milano), i governanti dei due Paesi del blocco di Visegrad.
Per raccontare la parabola straniera di Giorgia Meloni, e la rete di relazioni costruita in questi anni con il mondo delle destre sovraniste e radicali, è utile circoscrivere un perimetro temporale. La finestra va dal 2018 al 12 giugno scorso (il giorno del comizio di Vox a Marbella). Vediamola. È il 28 febbraio 2018. Meloni vola a Budapest per una foto-opportunity con Viktor Orbàn. “Un incontro per la difesa delle radici cristiane dell’Europa”, twitta lei. Lo smartphone immortala i due alleati sorridenti con vista Danubio. Post su Fb: “Tra patrioti europei ci si intende subito alla grande. In Europa senza sudditanze. Fermare l’immigrazione clandestina. Combattere Soros e la finanza speculativa. I patrioti sanno come fare”. C’è la metrica essenziale dei social. E a proposito di lunghezze: tre anni prima l’amico ungherese ha tirato su 175 km di filo spinato tra Ungheria e Serbia. È il muro choc anti-migranti clonato e raddoppiato nel 2019 che tanto piacque anche a Matteo Salvini, infatti si parlò, fuor di metafora, di Patto del Filo Spinato. Riedizione del Sangue e Suolo novecentesco. Nella propaganda dei “patrioti europei” sangue e suolo sono centrali. Non è un caso se, tre giorni fa, evocando la Teoria della grande sostituzione, Orbàn dichiara: “Non mescoliamoci con altre razze”. Viene in mente il razzismo teorizzato da un leader politico che, nella formazione di Meloni, è stato un punto di riferimento: Giorgio Almirante. “Un patriota d’altri tempi, un uomo che non dimenticheremo mai”. Già. Colui che – era il 1942 – sulla rivista quindicinale “La Difesa della razza” scrisse: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti… Il razzismo nostro deve essere quello del sangue…Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei”. Siamo ancora al 2018. È il 24 settembre. Steve Bannon tesse la sua tela nera ad Atreju. Ospite allo storico happening di FdI, gli applausi lo spingono sopra le righe: “Da qui può partire la rivoluzione. Ecco perché tutti i media sono qui, per vedere ogni errore che il vostro governo commette”. Fa niente se all’ex stratega di Trump sfugge un particolare – FdI è all’opposizione del governo Lega-M5S -. Conta altro. Conta che Meloni aderisce al cartello sovranista “Movement” di Bannon. Gongola quando lui paragona FdI a Donald Trump. E qui si deve aprire un inciso. È vero che Giorgia Meloni, per preparare la corsa verso palazzo Chigi e anche per sfatare il cliché di una destra italiana intrisa di antiamericanismo, ha sapientemente coltivato la sua connection americana ribadendo le posizioni atlantiste e il supporto alla Nato. Ma è pure vero che sul tema, all’interno di FdI, esistono sensibilità diverse. Alcune retaggio di quello che è considerato Dna della destra estrema. Quel “né con gli Usa né con l’Urss” espresso tra il 1970 e il 1982 dai neofascisti eversivi di Terza Posizione. Contro ogni imperialismo, insomma. Altro punto politico cruciale sono lo Ius Soli e Ius Scholae. Su questo FdI giocherà la sua prima partita in caso di successo elettorale.
“No alla lobby Lgbt, sì alla famiglia tradizionale”: così Giorgia Meloni, in Spagna, incita i militanti di Vox
Ecco perché Meloni a Marbella ha usato i toni che ha usato, ringhiando contro immigrati (e Lgbtq). “In Spagna Meloni si sente come a casa sua. Tra Vox e FdI il legame è strettissimo – ragiona Steven Forti, professore in Storia contemporanea all’Università Autonoma di Bacellona -. Meloni e Abascal hanno gli stessi riferimenti intellettuali e si scambiano inviti dal 2018. La curiosità? I media spagnoli dicono che FdI è più a destra di Vox, quelli italiani il contrario. In realtà sono fatti della stessa pasta”.