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“Un’immensa vergogna e io non metterò mai più piede in Parlamento. Mai!”. Niente più del passato illumina l’annuncio che Berlusconi si presenta alle elezioni e quasi certamente sarà eletto al Senato, al posto d’onore, nelle liste della coalizione data vincente.
Ieri, per la verità, lui l’ha messa a suo modo, per cui si sarebbe limitato ad “accettare” la candidatura, “così faremo tutti contenti” ha aggiunto, là dove sia la formula del benestare che la pubblica felicità confermano, al plurale majestatis, che non si tratta tanto di una riabilitazione, dopo la decadenza decretata dal Senato della Repubblica addì 27 novembre 2013, quanto del glorioso ritorno di un sovrano.
E ancora una volta tocca riconoscere, al di là di qualsiasi paturnia monarchica, che il messaggio restituisce alla storia, non solo di Berlusconi, ciò che le spetta, nel bene e nel male; per cui si può ridere, piangere, indignarsi, gioire o rassegnarsi, ma queste elezioni, comunque vadano, sono già e comunque destinate ad accrescere non solo la fama, ma anche la leggenda di Re Silvione.
Così, con gli occhi dell’oggi, vale la pena di tornare a quell’autunno, significativamente, ma così freddo che la meteorologia l’aveva rubricato sotto il segno di “Attila”.
Tanti lumini cimiteriali deposti dai fedeli accolsero dunque a Palazzo Madama un Berlusconi terreo in volto, triste e un po’ intontito (nelle cronache si trova cenno a sedativi); eppure, come voleva e ancora vuole il suo mito, indomito dinanzi alla più grande “ingiustizia” della sua vita. “Oggi sono qui tra voi – esordì alla riunione dei gruppi, poche ore prima del voto – ma da domani i commessi non mi lasceranno più nemmeno entrare…”. Fece una pausa, grande teatro: “Ieri sera avevo a cena da me l’uomo più potente del mondo e tra poco dovrò servire i vassoi alla mensa!”.
E Berlusconi rispolvera il refrain sulle imposte: “Flat tax al 23% per tutti”
di
Andrea Montanari
Ecco, quando a proposito di Berlusconi si tira in ballo la storia, non è per farsi belli ornando l’articoletto. Se la questione della mensa era un riferimento ai servizi sociali, perfino pudico considerato che pochi giorni prima don Mazzi s’era offerto di prendersi l’ex presidente del Consiglio in comunità a “pulire i cessi”, l’uomo potente appena ricevuto a Palazzo Grazioli era – guarda guarda – Vladimir Putin, giunto in visita di Stato con 5 aerei, 11 ministri e 50 auto blindate. “Scandalizzato e allibito”, il leader russo non era stato incoraggiante: “Dopo il tuo arresto, la prima settimana scenderà in piazza un milione di persone, la seconda mezzo milione, la terza nessuno”. Per inciso: si scrisse anche di un passaporto diplomatico russo, utile omaggio per tagliare la corda.
E però, di nuovo: tornando per un attimo al passato prossimo e quindi allo stato di prostrazione cui sembrava caduto, vecchio e malato, dopo la turlupinatura dei suoi due alleati sul Quirinale, ecco che il ricordo di quello più remoto assegna maggior spessore al presente. Anche perché quello che precedette la cacciata rappresenta una mirabile condensa di atmosfere berlusconiane in purezza. E quindi: l’assoluzione a Verona dell’eccentrico artista autore dell’opera “Berluscane”; l’apertura a Tel Aviv del locale “Berlusconi always a pleasure”; il tradimento, proprio in quei giorni, di Alfano e dei ministri Pdl (governo Letta); la prima patetica uscita dell’”Esercito di Silvio”; fino alla rabbiosa ammissione: “Dudù è molto più intelligente di metà dei miei”.
Al Palazzo dei congressi, poco prima dell’ora X, Berlusconi diede il meglio e il peggio di sè. La barzelletta e la difesa dello stalliere Mangano che “veniva sempre a messa”, la frecciata a Tremonti “dotto ed esperto, ma non sapevamo che era pazzo”, lo sdegno per la mortificazione subìta che domani porterà molti “vergognarsi davanti ai propri figli”. A un certo punto si sentì anche male: aggrappato al palco, il dottor Zangrillo gli somministrò il bibitone d’ordinanza e Brunetta gli tenne la mano, che in seguito Francesca Pascale platealmente gli baciò. La cinque stelle Taverna aveva appena espresso il selvaggio progetto di sputargli addosso in aula; mentre a Ruby, in Mexico, era stato concesso di realizzare una fabbrica di pasta asciutta.
Così va il mondo del potere. Quello di Berlusconi, rispetto ai protagonisti di oggi, resta molto, ma molto più divertente da raccontare.