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Biliardino, la poesia di quelle sfide nel cuore dell’estate

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No, il biliardino, no! In un’estate già per tanti aspetti problematica la minaccia al biliardino – detto altrimenti calcio-balilla o anche calcetto – appare come una franca esagerazione. Proprio nei giorni scorsi era riemersa dal disordinato inconscio della Rete una invero clamorosa fotografia pubblicitaria che mostrava Diego Armando Maradona, Pelè e Zinedine Zidane con in pugno le manopole che mettono in azione gli ometti che dovrebbero rappresentarli.
Qualcosa come Renzo Piano con una scatola di Lego. Il massimo del successo per un gioco derivato è che piaccia persino a chi è campione assoluto della sua versione originale e primaria. Ma anche se nessun calciatore vi avesse mai giocato la popolarità del biliardino difficilmente potrebbe essere superiore a quella che è.

Bar, oratori, spacci militari, stabilimenti balneari sono gli areali più tipici dove viene installato il tipico cassone. Più di recente ne ha sottolineato la mancata obsolescenza e anzi la rinnovata capacità espansiva la comparsa di numerosi esemplari in zone di ritrovo come i locali stagionali all’aperto. Sulle banchine lungo il Tevere, a Roma, se ne possono notare in intere schiere, in modo che gli appassionati possano distribuirsi su diversi campi.
I meriti del calciobalilla sono tanti.

Intanto è un gioco che si impara subito. Sia dal punto di vista delle regole del gioco, sia da quello della tecnica non pone alcuna difficoltà. La manopola si impugna per farla girare, il mono-piede dell’ometto deve colpire la palla nella direzione giusta, eccetera. La forza fisica individuale non può dare ad alcun giocatore grandi vantaggi, salvo in certe partite smargiasse in cui sembra che scopo del gioco sia far in modo che la pallina trafori la sponda lignea del campo. Capacità di dosare gli effetti, occhio per la posizione poco prudente dell’avversario, scaltrezza e agilità sono doti più decisive e questo fa in modo che non solo i bambini possono giocare assieme ai grandi, ma che possano anche nutrire legittime speranze di successo. Nato con la connotazione tradizionalmente maschile riservata al calcio che si gioca coi piedi, risulta però divertente e gratificante anche per le ragazze (come il calcio coi piedi stesso, del resto). Si tratta solo di mettersi d’accordo sulle proibizioni. “Rollare” (e chissà in quanti modi alternativi si nominerà in Italia il tiro in cui si fa roteare la manopola e l’omino di 360 gradi) è quasi ovunque proibito, almeno da una certa età in più. Spesso si censura anche il gancio, gioco di abilità e sfida psicologica fra attaccanti e difensori, e questa mi è parsa sempre una proibizione incomprensibile.

A proposito di norme e inibizioni, ora il problema appare essere la possibilità che a biliardino si giochi per soldi. So di persone che scommettono sul numero pari o dispari della targa della prossima auto che passerà: chiudiamo le strade? Può anche essere che la reazione di alcuni esercenti – togliere i biliardini del tutto – pecchi per eccesso di drammaticità. Certamente conta sul fatto, in sé inoppugnabile, che il biliardino fa parte del paesaggio italiano soprattutto estivo e balneare alla pari con il gelato e i castelli di sabbia. Che effetto potrà avere una limitazione della presenza di biliardini sul territorio? Sul piano della lotta alla ludopatia o di quella all’elusione fiscale si possono avere dubbi. Si allungherebbe piuttosto l’imbarazzante elenco delle cose di cui abbiamo nostalgia, a partire dalle già celebrate merendine della nostra infanzia. Promettiamo di non metterci su soldi, ma voi lasciateci giocare a biliardino in pace. Se ce lo toglierete ne faremo argomento di letteratura e di sicuro sarà molto peggio.

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