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Brigandì, morto l’ex avvocato del Carroccio: aveva appena ottenuto un maxi risarcimento dal partito

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E’ morto Matteo Brigandì, ex senatore e deputato della Lega Nord. Era avvocato e vicinissimo a Umberto Bossi, che nel 2010 lo aveva voluto componente eletto dal Parlamento del Csm. Aveva 72 anni.

Brigandì aveva scoperto solo pochi mesi fa di avere un tumore del quale i medici stavano seguendo il decorso. Era ricoverato nella clinica torinese Fornaca. “Purtroppo non c’è stato niente da fare – dice Giorgio Gagna, medico e professore che a Brigandì era legato da un’amicizia duratura e che gli è stato vicino fino all’ultimo – Matteo era consapevole delle gravi conseguenze cui la sua malattia lo avrebbe portato. Si è spento questa mattina in clinica dove era ricoverato”.

Originario di Messina, stabilitosi a Torino, Brigandì era laureato in giurisprudenza e si era appassionato al progetto politico della Lega Nord fin dai suoi albori. Tanto da diventare legale di fiducia di Umberto Bossi e farsi nominare “procuratore generale della Padania“. A lungo parlamentare leghista prima al Senato tra il 1994 e il 1996, poi alla Camera tra il 2006 e il 2013, in una parentesi tra i due incarichi nazionali è stato eletto consigliere regionale in Piemonte e nominato assessore, incarico in seguito al quale si dovette dimettere per guai giudiziari.

A Milano era stato indagato per accuse di patrocinio infedele e autoriciclaggio e condannato a due anni e due mesi e a risarcire la Lega con oltre un milione e 870mila euro. Ma in appello, e poi in Cassazione, erano cadute tutte le accuse.

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13 Dicembre 2024

Solo una settimana fa il Tribunale di Milano aveva condannato la “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” (e non l’attuale Lega di Salvini, come specificato in sentenza) al pagamento di 3 milioni di euro proprio in favore di Brigandì, come compensi professionali dal 2000 al 2012, in virtù di quello che è stato definito un patto siglato nel 2014 tra Bossi e il nuovo segretario Matteo Salvini che aveva convinto il legale a rinunciare a 6 milioni di euro di mancati pagamenti di parcelle in cambio della conferma dell’intero staff della segreteria leghista nel passaggio Bossi-Salvini, cosa che poi non è avvenuta.

 

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