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Via libera ai proiettili su “bambi”. I cervi presenti nel Parco nazionale dello Stelvio e Bolzano – stimati fra mille e duemila esemplari – secondo le autorità altoatesine sono troppi: rovinano le colture, creano danni da brucamento nel bosco e minacciano la sopravvivenza di altre specie, tra cui anche camosci e caprioli. Per questo motivo, dopo aver incassato ora anche l’ok dall’Ispra (Istituto Superiore Protezione e Ricerca ambientale) , la provincia di Bolzano ha approvato nelle scorse ore il Piano di controllo del cervo 2022-2026.
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Il via libera prevede a partire da questo autunno l’uccisione di circa 100-180 cervi all’anno nei primi due anni, operazione condotta da cacciatori specializzati e autorizzati all’abbattimento. Una mossa, quella di regolare la popolazione dei cervi attraverso le rimozioni, che già in passato – come nel2018 quando fu approvato un primo piano di abbattimenti– aveva trovato l’opposizione di diverse associazione animaliste tra cui la Lav (Lega antivivisezione), con attivisti contrari a un sistema che a loro dire “va soltanto ad alimentare la caccia”, hanno ribadito di recente anche dal Wwf.
Animalisti che hanno sottolineato inoltre come le dinamiche naturali, tra cui potrebbe rientrare anche l’eventuale presenza dei lupi, e inverni rigidi in quota, in passato sono stati sufficienti a far calare il numero di esemplari senza dover ricorrere alle rimozioni.
Per l’Ufficio del Parco Nazionale dello Stelvio attualmente c’è però un problema di densità di questa specie ed è dunque necessario “ripristinare l’equilibrio ecologico” si legge nel piano di 177 pagine. Il numero di questi ungulati presenti nello Stelvio è stimato tra 5,5 e 10 capi per chilometro quadrato: la riduzione del numero di cervi andrebbe dunque ad “aumentare la biodiversità di diverse zone all’interno dell’area faunistica”. Ogni anno verrà poi stilato un rapporto di ispezione per comprendere lo stato della popolazione e i suoi impatti, ma per ora si tratta di “un prelievo necessario per tutelare l’ecosistema – ha detto il presidente della Giunta Arno Kompatscher – attraverso un piano basato su un ampio lavoro di monitoraggio scientifico che vuole portare ad una stabilizzazione della popolazione complessiva”.
Gli interventi, che riguarderanno Val Venosta, Martello, Gomagoi, Campo Tures e Val d’Ultimo, mirano attraverso la diminuzione anche a salvare “le gemme delle piantine soprattutto di abete rosso e larice ,lo strato arbustivo del sottobosco, i prati a sfalcio” e a ridurre i “fenomeni di competizione con altre specie”. Nel frattempo, mentre a causa della crisi climatica i cervi si stanno spostando d’estate sempre più in alto entrando in conflitto con altre specie a caccia di risorse, la questione della crescita degli ungulati sta riguardando anche altre zone d’Italia.
In Lombardia ad esempio nella riserva del Lago di Piano la Coldiretti locale ha chiesto un “controllo della fauna selvatica” che impatta sulle colture, mentre in Sardegna dopo le proteste di alcuni agricoltori a Laconi, l’associazione Gruppo di Intervento giuridico ha avviato una raccolta firme per chiedere di “non abbattere i cervi sardi, ma piuttosto di trasferirli in altre aree dell’isola o della Corsica”.