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Nelle carceri italiane ogni due giorni un detenuto si toglie la vita. E se si considerano anche le cosiddette “morti sospette” la percentuale cresce ulteriormente. A due settimane dall’inizio dell’anno, dietro le sbarre è già emergenza suicidi.
Ufficialmente se ne contano sei in due settimane che diventano otto contando anche gli episodi su cui ancora si indaga, il doppio dei tre casi registrati nello stesso periodo del 2024, anni luce dal singolo caso di due anni fa.
L’allarme del Garante Nazionale
“Se continua questo trend rischiamo di raddoppiare i numeri del 2024, che con 83 suicidi e 18 casi sospetti è stato l’annus horribilis le morti in carcere”, denuncia l’avvocato Mario Serio del Collegio del Garante nazionale per i detenuti. “Questo non è che la punta di un iceberg di una condizione di disagio e sofferenza presente in tutti gli istituti di pena italiani”. Che da Nord a Sud scoppiano, con buona pace degli asseriti propositi dell’ultima legge “svuotacarceri”, rivelatasi un totale fallimento. “Non rileviamo alcun apprezzabile decremento del numero di detenuti in nessuno degli istituti che abbiamo ispezionato”, conferma l’avvocato Serio.
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Sovraffollamento superiore al 59% in 59 istituti di pena
I dati aggiornati al 16 dicembre 2024 parlano di un affollamento medio effettivo arrivato al 132,6% (62.153 persone detenute, a fronte di una capienza effettiva di circa 47.000 posti), con picchi del 225% a Milano San Vittore, 205% a Brescia Canton Monbello, 200% a Como e a Lucca, 195% a Taranto e a Varese del 194%. Ormai sono gli 59 istituti con un tasso di affollamento superiore al 150%.
Strapiene, spesso vetuste, senza operatori, progetti e servizi a sufficienza, di fatto “non luoghi” in cui non si può far altro che lasciare il tempo passare, le carceri sono sempre più delle semplici gabbie. E dentro ci si muore.
L’appello inascoltato di Mattarella
A Paola, Roma, Firenze, Cagliari, Bologna, per due volte a Modena, l’emergenza va da Nord a Sud. Il primo è stato un 37enne moldavo. A poche ore dal discorso di Capodanno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha tuonato contro le “condizioni inammissibili” nelle carceri italiane, sottolineando che “abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione”, un uomo a Modena si è tolto la vita inalando gas da un fornelletto.
Meno di ventiquattro ore dopo, un altro caso a Bologna: un quarantenne si accascia mentre cammina in corridoio. Il giorno dopo l’allarme scatta nel carcere di Sollicciano, a Firenze: un ragazzo egiziano, di 25 anni appena, si impicca in cella. Aveva già tentato di togliersi la vita o di ferirsi in passato, per questo era ricoverato nel reparto clinico. Eppure.
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di Alessandra Ziniti
Due suicidi in sette giorni nello stesso carcere
Quello che arriva dagli istituti di pena sembra un quotidiano bollettino di guerra, con tragedie che si ripetono uguali a se stesse: il 7 gennaio a Modena un altro detenuto, si è tolto la vita inalando gas da una bomboletta. C’è chi lo fa per stordirsi, altri per addormentarsi e non svegliarsi più. Ufficialmente, le indagini sono in corso, ma l’uomo, un cinquantenne italiano, non aveva né un presente, né un passato da tossicodipendente, dunque tutto fa pensare che l’intenzione fosse di farla finita.
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A Paola, nello stesso giorno, si sono tolti la vita a un detenuto, da giorni in isolamento, e un agente penitenziario. Nelle quarantotto ore successive, ancora due casi, a Roma e a Cagliari. Entrambi in passato avevano manifestato disagio, entrambi erano stati segnalati per atti di autolesionismo e tentativi di suicidio, entrambi sono rimasti dietro le sbarre. E lì sono morti. “Il ristretto che si è tolto la vita a Cagliari – denuncia il segretario della Uilpa, Gennarino De Fazio – pare fosse considerato a rischio suicidario, ciononostante sembra che non si sia potuto fare di meglio che allocarlo in cella con altri: siamo al paradosso per il quale i detenuti dovrebbero auto-sorvegliarsi, proprio perché mancano il personale, gli spazi, le strutture, gli equipaggiamenti e i servizi essenziali”.
Dal governo no a forme di amnistia e indulto
Ma al monito del presidente della Repubblica, il governo di Giorgia Meloni ha risposto solo con nuovi annunciati progetti di edilizia carceraria, mentre il ddl sicurezza che marcia verso l’approvazione promette di criminalizzare anche le forme di resistenza passiva. Con l’apertura della porta santa a Rebibbia e la bolla Spes non confundit, Papa Francesco ha fatto appello ai governi chiedendo “forme di amnistia” o “di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società”. Ma ancora una volta il governo ha detto no. E dal ministro Nordio arriva solo una nuova proposta di edilizia penitenziaria: condomini ghetto in cui far scontare i domiciliari agli stranieri senza fissa dimora.