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Caro energia, crisi economica, gli effetti della guerra che si fanno sentire sempre di più: da giorni tra le ipotesi di Comuni e governo per ridurre i consumi c’è quella di tagliare i giorni di apertura delle scuole. E un istituto, gli studenti dell’Istituto tecnico Vittorio Emanuele II di Bergamo, è passato ai fatti. Alla riapertura la direzione scolastica ha comunicato che gli studenti rimarranno a casa il sabato. Non saranno ore in meno, ma concentrate dal lunedì al venerdì, per tenere spente le luci e gli impianti il sabato.
Questa la distribuzione: si entrerà a scuola sempre alle 8; per quattro giorni le lezioni dureranno sei ore, il quinto gli studenti rimarranno in aula fino alle 16. “Bisognava dare un segnale”, ha spiegato la dirigente dell’Itc, Patrizia Giavieri, spiegando che l’iniziativa ha un doppio obiettivo: non solo a ottimizzare i consumi e a risparmiare sui costi, ma anche a salvaguardare l’ambiente.
La scuola riapre senza mascherine, ma la grande paura ora è il caro gas
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Nei giorni scorsi il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi aveva aperto all’ipotesi di ‘settimana corta’ nelle scuole italiane, ma con un distinguo: “Le scuole devono essere le ultime su cui intervenire in merito ai temi energetici, dopodiché c’è l’autonomia della scuola: se una decide, può farlo, ma si parta dalla didattica”. E alla domanda sullo stop alle lezioni il sabato per far fronte in parte ai problemi energetici aveva risposto: “Io non ho mai chiusure, ma il mio principio è: si parta dalle esigenze dei ragazzi e di garantire un servizio nel modo migliore”.
Di fronte all’aumento dei prezzi e al piano messo in pratica dal governo, anche il presidente della Regione Attilio Fontana, nei giorni scorsi, aveva detto che “la riduzione di un giorno scolastico, togliendo il sabato” potrebbe essere una soluzione. “Una strada già sperimentata altrove, senza conseguenze negative”, ha specificato il governatore. Intanto il Vittorio Emanuele II è passato ai fatti. Ma non sono mancati i dissensi.
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di Ilaria Venturi, Corrado Zunino
Il Codacons, prima di tutti, sostenendo che la misura da un lato non contribuisca in alcun modo alla diminuzione delle spese energetiche e dall’altro crei disagi alle famiglie: e così l’associazione dei consumatori ha annunciato un ricorso al Tar nel caso in cui le famiglie lo richiedano: “Non è certo riducendo i servizi ai cittadini che si risolve il problema delle bollette”.