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Caso Boccia, il Senato dice no all’utilizzo delle chat tra Sangiuliano e l’imprenditrice. I legali dell’ex ministro: “Daremo ogni prova al tribunale”

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Il Senato ha confermato il voto della giunta per le Elezioni e le immunità parlamentari sulla richiesta del tribunale dei ministri, rispondendo negativamente alla richiesta di acquisire le chat tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia. Una blindatura dell’ex ministro della Cultura, in quota FdI, che vede le forze di maggioranza compatte in Aula. A favore dello stop alla richiesta del collegio per i reati ministeriali presso il tribunale di Roma si sono registrati 95 voti, contrari 58, nessun astenuto.

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di Francesco Merlo

29 Ottobre 2024

“Piena disponibilità a collaborare con il tribunale dei ministri e a fornire ogni prova documentale per dimostrare l’assoluta correttezza del dottor Sangiuliano”, dichiarano gli avvocati Silverio Sica e Giuseppe Pepe, legali dell’ex ministro della Cultura che fanno sapere di aver già inoltrato, nei giorni scorsi, al tribunale dei ministri, “una nota dove rendono piena disponibilità a fornire, per esempio, gli estratti conto della carta di credito di Sangiuliano dalle quali si evince che tutte le spese sono state sostenute personalmente e che per le stesse non è stato mai chiesto alcun rimborso”.

Nel primo pomeriggio la giunta, presieduta dal dem Dario Franceschini, aveva votato a favore della relazione Paroli (FI), che aveva posto la necessità di rispondere negativamente alla richiesta degli inquirenti, ravvisando fumus persecutionis di secondo livello nei confronti di Sangiuliano. Già in giunta a favore della relazione si era espressa la maggioranza compatta, contrarie le opposizioni: Pd, M5S, Avs, Italia viva. Nel merito, la richiesta del tribunale, è relativa all’acquisizione della chat, anche per poter valutare se nelle stesse è ravvisabile l’ipotesi di reato presente nella denuncia del verde Angelo Bonelli, ovvero la rivelazione di segreto d’ufficio. Non si tratta quindi di una richiesta, come di solito avviene nei confronti di parlamentari e ministri, volta all’autorizzazione per un procedimento giudiziario.

Ma come spiegato dal relatore Paroli “nel caso di specie non è espressa la finalità probatoria del sequestro rispetto alla configurazione concreta dei reati perseguiti”, per cui “l’indiscriminata acquisizione di una serie indefinita di dati, oltre che ledere la riservatezza dell’indagato, non appare finalizzata e funzionalmente correlata con la dimostrazione delle ipotesi di reato per cui si procede, manifestando anche in tal caso il carattere sproporzionato del provvedimento che fa radicare il plausibile sospetto della sussistenza del fumus persecutionis di secondo grado”.

Una posizione condivisa da FdI e Lega, mentre le opposizioni, in modo unitario, hanno espresso la necessità del via libera al tribunale. Quello della corrispondenza “è elemento di prova necessario e indispensabile”, ha detto la senatrice Anna Rossomando del Partito democratico, intervenendo in Aula.

 

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