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Sulla vicenda di Giulio Regeni “il nostro ambasciatore sollecitò anche il viceministro inglese e il rettore di Cambridge, ma all’epoca le autorità inglesi non ci risposero o fornirono risposte evasive”. Lo dice Elisabetta Belloni – direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e all’epoca dei fatti prima capo di gabinetto e poi segretario generale del ministero degli Esteri -, testimone nel processo, in corso a Roma, per la morte del ricercatore friulano, avvenuta in Egitto nel 2016. “Io parlo per atti: l’ambasciatore mi ha informato il 26 e io ho informato Gentiloni. Quello che posso dire è che io ho chiamato al telefono, in quei giorni, il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio: uno scambio tra uffici, io non ho chiamato il presidente Renzi”, conclude Belloni.
Regeni, Giulio nel video dell’incontro con Abdallah
Mai aperture dall’Egitto
“Dalle autorità del Cairo non sono mai arrivate aperture in merito a responsabilità egiziane sulla vicenda di Giulio Regeni”. Ha detto ancora in aula, nel processo a carico di quattro 007 egiziani. Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Roma, l’alto funzionario ha ricostruito i giorni in cui si consumò il dramma del ricercatore friulano che venne rapito, torturato e ucciso in una villetta in uso ai servizi nella capitale egiziana. “Ricordo che fui contattata telefonicamente dall’allora ambasciatore al Cairo, Massari, il 26 gennaio del 2016 – ha spiegato , rispondendo alle domande anche del procuratore capo, Francesco Lo Voi –. Mi disse della sparizione di Giulio. Le segnalazioni di scomparse sono frequenti ma l’ambasciatore era da subito preoccupato per la coincidenza della data e della scomparsa durante le manifestazioni a piazza Tahrir. Con l’ambasciatore ci furono molte telefonate e noi attivammo da subito il protocollo che riguarda anche l’unità di crisi”. Il teste ha aggiunto che “gradualmente ci siamo resi conto della mancanza di collaborazione egiziana” e “il sospetto di un coinvolgimento degli apparati egiziani lo abbiamo avuto tutti”.
L’ambasciatore sollecitato
Nei giorni successivi Belloni contattò anche l’ambasciatore egiziano a Roma per “per sollecitare collaborazione e sapere cosa fosse successo ma la risposta dal Cairo è sempre stata ‘non abbiamo notizie’. Allora cominciammo a pensare che non c’era alcuna volontà di collaborare, specie dopo il ritrovamento del corpo di Giulio sull’autostrada, che ci lasciò molto perplessi. Ad inizio di febbraio, il 4, ci fu un incontro bilaterale tra l’allora ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e il suo omologo egiziano a Londra. Fu un colloquio molto teso”.
Le accuse verso gli imputati
Nei confronti dei quattro imputati, il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif, la Procura contesta, a seconda delle posizioni, il concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato