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Ventuno indagati, fra cui undici finiti ai domiciliari e uno interdetto dalle pubbliche funzioni. Un sistema di ispezioni pilotate e volutamente miopi in cambio di docenze e graduatorie di concorso aggiustate, costruito perché tutto sembrasse in regola con leggi, procedure, tutele. Ma nei laboratori dell’Università della Magna Grecia di Catanzaro di regolare non c’era nulla: né le ricerche, né le cavie che venivano usate, né le gabbie fetide in cui erano costrette a vivere.
Lo ha scoperto la procura di Catanzaro, che all’esito di un’indagine della Guardia di Finanza ha chiesto e ottenuto i domiciliari per undici fra dirigenti del settore veterinario dell’azienda sanitaria provinciale e docenti dell’Università, incluso l’ex rettore Giovambattista De Sarro, più la sospensione dal servizio per un anno per un funzionario dell’Asp. A vario titolo, sono tutti accusati di associazione per delinquere, corruzione, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, maltrattamento e uccisione di animali.
Alla base c’è un maxifinanziamento di due milioni di euro per un progetto di ricerca. L’Università non aveva alcuna intenzione di perderlo, sebbene le condizioni di laboratori e cavie fossero tanto precarie da mettere in discussione qualsiasi risultato scientifico. Ecco che per “disinnescare” le ispezioni e convincere l’Asp veterinaria a chiudere un occhio sono arrivati accordi e favori: la figlia di uno degli indagati, dirigente dell’Asp di Catanzaro, che risulta prima in graduatoria per un posto all’Università, uno dei veterinari incaricati di verificare le condizioni dei laboratori che inizia a collezionare incarichi di docenza, ovviamente ben retribuiti.
In cambio, nei due laboratori universitari – che per le precarie condizioni sarebbero stati immediatamente chiusi se le ispezioni fossero state reali – si faceva sperimentazione su cavie vive in spregio a qualsiasi buona norma di igiene, benessere animale e etica.
Le cavie vivevano e si riproducevano incontrollatamente in gabbie fetide, troppo piccole per tutti, per poi essere sacrificate – ha scoperto la Finanza – senza uno straccio di autorizzazione da parte del ministero della Salute. Risultato, centinaia di animali uccisi inutilmente e ricerche scientifiche dall’attendibilità assai dubbia, proprio per le condizioni in cui avvenivano le sperimentazioni.