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Cold case di Melzo, condannato Valerio Morrone: ma l’uomo che confessò l’omicidio di Beauty nel 1999 è ora latitante

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Si era voluto togliere un peso dalla coscienza confessando un omicidio avvenuto vent’anni prima e dando quindi finalmente risposta a un vero e proprio “cold case”? O piuttosto, visto com’è andata a finire – oggi per le forze dell’ordine è “latitante”, secondo i suoi avvocati è “irreperibile”- Valerio Morrone, 43 anni, nato a Monza, una vita da spacciatore di droga internazionale e cinque anni di carcere di pena residua da scontare, sperava di ottenere qualche beneficio di legge iniziando a collaborare con la giustizia? Di certo i giudici hanno creduto alla sua confesssione: la Corte d’Assise di Milano lo ha condannato a 16 anni di carcere ritenendolo davvero l’assassino di Beauty Ehrador, una 26enne nigeriana che lavorava come prostituta sulla Rivoltana a Melzo, nell’ottobre 1999. Freddata con un colpo solo, esploso dalla calibro 7,65 browning di Morrone, che la raggiunge da dietro mentre lei cerca di scappare. Il movente? “Bisognava buttare a terra qualcuno”, dice il killer al pm milanese Francesco De Tommasi che raccoglie la sua confessione mentre si trovava già in carcere, nel 2018, vent’anni dopo quella notte. Cioè dare un segnale ai nigeriani che occupavano la piazza della droga e che sfruttavano le loro connazionali, per lasciare spazio ai rivali albanesi. “Dopo tanti anni, ha voluto fare i conti con se stesso”, il commento dell’avvocata Rosalba Canossi, difensore di Morrone insieme al collega Cristiano Audifredi Mancuso. Peccato che in aula non ci fosse traccia dell’imputato, durante la lettura della sentenza dei giudici d’Assise che lo hanno ritenuto colpevole di omicidio volontario. Che fine ha fatto Morrone?

Milano, il cold case di Beauty, la prostituta uccisa a caso sulla Rivoltana: dopo oltre 20 anni il killer va a processo

di Manuela Messina

13 Gennaio 2022

Lo scorso settembre il tribunale di sorveglianza di Firenze lo ha liberato dal carcere di Livorno con un provvedimento di differimento pena ai domiciliari, perché le sue condizioni di salute sono state ritenute incompatibili con il carcere. Era infatti stato ritenuto malato psichiatrico, oltre che affetto da problemi motori e ipovedente. Per i suoi avvocati è “affetto da cecità isterica”. Peccato che un paio di giorni prima, il 18 settembre, era stato visto in un ristorante di Livorno, prima in piedi a cercare posto, poi al tavolo insieme alla figlia, mentre sfogliava e leggeva il menu. L’agente della penitenziaria che, casualmente, cenava nello stesso locale, lo aveva segnalato alle autorità e il provvedimento era stato subito revocato. Non in tempo da impedirgli quella che sembra, a tutti gli effetti, una fuga. Morrone dovrà quindi rientrare in carcere, sempre che si faccia vivo o le autorità lo rintraccino. Intanto su di lui pesa anche la condanna decisa dalla Corte d’Assise milanese.

E’ improbabile che faccia appello: il processo non si sarebbe quasi sicuramente celebrato, se non avesse deciso di confessare. Il pm ha portato avanti l’indagine sull’omicidio perché sono stati trovati alcuni riscontri alle sue dichiarazioni. Innanzitutto in un altro processo che si era celebrato all’epoca (l’imputato fu poi assolto in appello, lasciando irrisolto il caso), una testimone aveva detto che il killer di Beauty era uscito “dal baule”, ovvero dal bagagliaio dell’auto, proprio come raccontato da Morrone. Nel 2007 è stata poi ritrovata una pistola semiautomatica calibro 7,65 in un luogo compatibile con quello in cui il killer sostiene di averla abbandonata. Anche la descrizione della macchina, una Ford Mondeo rubata, che venne ritrovata in fiamme quella stessa sera dai carabinieri a pochi chilometri da Melzo.

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