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Comunali, a Verona la sfida tra i due sceriffi Sboarina e Tosi che spaccano la destra. Caccia ai voti dei moderati

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«L’è più semplice che croli l’arena che saver chi vinse le elesioni», stringe le spalle l’anziano al tavolino del Liston 12, il caffè con affaccio su piazza Bra dove, da sempre, si può misurare l’umore medio. Passa un giovane in tuta. Anche lui in dialetto: “Sboa va rischiàr!”. “Sboa” è ovviamente Federico Sboarina, il sindaco uscente, ormai melonianissimo, sostenuto da FdI e Lega, ma non più da Forza Italia che lo ha mollato per Tosi. Anzi: il “Tosi ter”, visto che l’ex sindaco torna in pista, assai motivato, per la terza volta, e guai a dirgli che la strada non è in discesa. Chi è più di destra dei due destri? Chi è più sceriffo? Chi saprà calamitare sia i duri sia i moderati? Poi c’è l’outsider: Damiano Tommasi. Che i suoi elettori chiamano già, a prescindere, “San Tommaso”.

Ex calciatore dell’Hellas ovvero, per gli ultrà, la “squadra a forma di svastica”. Ma il fatto, anche divertente, è che Tommasi è un moderato di sinistra, corre per la sinistra, ha unito la sinistra (con anche M5S), pensa a sinistra e in tanti gli dicono che deve fare cose di sinistra. Anche di più. Succede così che all’ex faro del centrocampo, già dirigente calcistico, il centrosinistra si è talmente aggrappato da avergli messo sulle spalle una speranza pesante quanto un macigno: espugnare Verona. Città per quarantanni democristiana e da ventotto anni in mano alla destra (a parte la parentesi Zanotto: 2002-2007). Con uno così in partita la narrazione non può che essere calcistica. La fatal Verona? Chissà. Elezioni aperte, ingarbugliate, imprevedibili. Per adesso le cose certe, nel match per chi sarà il prossimo sindaco, sono due. Una è conseguenza dell’altra. La prima: la coalizione di centrodestra è in frantumi. Non è una peculiarità veronese: è così anche a Padova e Belluno e il problema riguarda — in questi ultimi due casi — i cartelli di centrosinistra. Ma a Verona l’impatto è potente.

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di
Giovanna Vitale

23 Maggio 2022

Dire che la destra è per aria è un eufemismo. Sboarina e Tosi sanno che il loro prossimo destino è erodersi: e questo è il secondo dato acqusito. Un po’ di pregresso. Quando dal 2007 al 2012 Tosi fece il suo primo giro da sindaco fascioleghista style, Sboarina era il suo assessore allo sport. Anni dopo tra i due sono volati gli stracci (accade quando nel 2017 Sboarina viene eletto primo cittadino dopo avere battuto al ballottaggio Patrizia Bisinella, ovvero la moglie di Tosi). Adesso sono uno contro l’altro e in una specie di prova muscolare il Tosi vuol vendicare la moglie e riprendersi la città. «Per la prima volta un sindaco uscente di centrodestra potrebbe non raggiungere nemmeno il 40% al primo turno», ragiona Federico Benini, capogruppo Pd in consiglio comunale, di mestiere sondaggista. Come sta andando la competizione tra i tre, ai quale si aggiunge la variante Zelgher (Alberto Zelgher, ex consigliere comunale leghista espulso dal partito, banda Pillon, sostenuto da qualche fetta di ultracattolici e dal non proprio decisivo Popolo della Famiglia di Adinolfi).

«Sboarina sa benissimo che tra quelli che lo hanno votato nel 2017 molti tradiranno», scommette uno storico esponente scaligero della Lega. Ma con il vento in poppa di FdI e Lega — in una città dove le pulsioni sovraniste e nazionaliste sono forti — veleggia. Pensando che, come minimo, al ballottagio ci andrà. Sboarina gonfia il petto: alle proteste del Pd per il colpo di mano con la nomina tutta al maschile del cda di Veronafiere ha risposto con un tranciante e identitario «le quote rosa sono un problema a sinistra». Normale per uno che arreda lo studio con il ritratto di Putin e la matrioska.

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di
Giovanna Casadio

24 Maggio 2022

Tosi, a sua volta, è scatenato: fa qualcosa come 20 incontri pubblici al giorno. «A Verona sono stato il sindaco più amato e sono ancora il più popolare», ripete agli amici. Dopo la non brillantissima parabola moderata è tornato a fare lo sceriffo, cosa che gli è sempre riuscita bene. «Ho otto armi e una pistola scarica sul comodino. Verona è una città insicura, la ripulirò». Era un mese fa, folla al parco San Giacomo. Un tempo i comizi di Tosi finivano col coro «chi non salta è un tunisino». Forse qualcuno ne ha nostalgia? Sta di fatto che l’ex sindaco è sostenuto da 9 liste. I suoi sfidanti, Sboarina e Tommasi, da sei ciascuno. Segnali? “San Tommaso” dice che la sua proposta per Verona «è l’unica credibile dopo 15 anni di declino». Cultura, diritti sociali e civili, rilancio, apertura. Rassicurare e rompere lo stereotipo della Verona-nera, chiusa, protezionista. A chi, anche nella coalizione, fa notare che se il profilo del candidato è ottimo, la campagna elettorale potrebbe e forse dovrebbe essere più tosta e “frontale”, l’entourage di Tommasi espone il concetto di «forza tranquilla».

Sabato a sostegno dovrebbe venire Enrico Letta, che su Verona ha investito. Infatti si è già vista un’infilata di deputati, eurodeputati, sindaci. Effetto corroborante. Poi ci sono i numeri che danzano nei comitati elettorali. Si stima che il peso attuale dei tre candidati sia tra il 28% e il 35%. Tutti e tre sotto il 40. La chiave della partita già si sa: bisogna capire chi va al ballottagio e con chi. Dopodiché, davvero, può succedere di tutto.

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