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«Ormai, a leggere, sono candidato a tutto…», sorride Luca Zaia. Di indiscrezioni su un suo possibile futuro alla guida del Coni per il dopo Malagò ce ne sono diverse, lui si tiene sul vago: «Lasciatemi finire il mandato alla Regione Veneto che sarà tra meno di dodici mesi».
L’unica certezza di questa faccenda è che per Giovanni Malagò sembra davvero preclusa ogni possibilità di deroga. Ci vorrebbe una norma ad hoc del Parlamento, il ministro dello Sport Andrea Abodi si è già espresso in senso contrario e la lista di coloro che non vedono l’ora che arrivi alla naturale conclusione dopo 12 anni di strapotere è lunga. Intanto c’è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel 2019 autore — assieme all’allora sottosegretario dei 5 Stelle Simone Valente, erano i tempi del governo gialloverdo — della riforma che vide nascere la partecipata del Mef “Sport e salute”. Società che oggi gestisce il grosso dei finanziamenti sportivi dello Stato. Dal Coni prima passavano 400 milioni di euro, ora 40, a conti fatti quel che serve per le missioni olimpiche. Insomma, che tra Malagò e il ministro non corra buon sangue è pacifico. “Sport e salute” di cui è presidente Marco Mezzaroma, fedelissimo di Giorgia Meloni, nonché cognato di Claudio Lotito, patrondella Lazio e parlamentare di Forza Italia. Capogruppo alla Camera di Forza Italia è Paolo Barelli, presidente di Federnuoto, un altro che sta assaporando con soddisfazione la fine del regno di Malagò. Il quale è un manager politicamente trasversale, “flessibile” per così dire, attento a coltivare con interlocuzioni da Fabio Rampelli (Fdi) a Mauro Berruto (Pd) passando per l’area renziana e la ricerca di sponde con Matteo Salvini, ma insomma è altra cosa rispetto ad un nome più organico al centrodestra.
Dopodiché le regole fanno sì che al governo non basterà scegliere un nome e nominarlo per decreto. Servono i voti delle federazioni sportive (e lì una vale una: le più importanti, cioè calcio, nuoto, basket, tennis, pallavolo, contano quanto il golf, il baseball e le bocce) e per questo servirebbe comunque una transizione concordata, magari, con lo stesso Malagò, forte dei suoi rapporti con il mondo sportivo. Voglia di farsi da parte, con ogni evidenza, non ne ha. Anche perché comunque intanto rimarrà presidente della fondazione Milano-Cortina e membro del Cio. «Il Coni è un ente pubblico. Quando mai si è visto il presidente di un ente pubblico fare fuoco e fiamme perché vuole restare al vertice?», è la riflessione — pure questa trasversale — che fanno i suoi critici.
Oltre a Zaia, un leghista “presentabile”, chi potrebbe guidare il Comitato olimpico? Franco Chimenti, presidente di Federgolf, ha un ottimo rapporto con Malagò, c’è solo un problema: ha 85 anni. Luca Pancalli, dal 2005 presidente del Comitato paralimpico, vanta un curriculum di livello, ma è stato assessore allo Sport a Roma con Ignazio Marino. L’attuale vicepresidente del Coni Silvia Salis conosce la struttura e poi a Meloni non dispiacerebbe una donna in quel ruolo, sarebbe la prima volta, esattamente come lo fu per lei a Palazzo Chigi.