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Consulta, sabato Giuliano Amato sarà presidente della Corte costituzionale ma resta in corsa per il Quirinale

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Non c’è un “giallo”, alla Corte costituzionale, su chi sarà il prossimo presidente. E non ce n’è neppure uno su Giuliano Amato. Né tantomeno uno sui tempi della sua elezione. Tempi peraltro noti da tempo, ovviamente per chi segue da vicino i lavori della Corte. Due date, anche quelle ben cerchiate in rosso sul calendario. Venerdì 28 gennaio, giorno in cui si chiudono i nove anni di permanenza alla Consulta di Giancarlo Coraggio, e quindi anche i tredici mesi della sua presidenza. Né anticipabili, né posticipabili. Presidenza segnata dal Covid, ma anche da una Corte “coraggiosa” che sulla pandemia ha scritto pagine da manuale sul rapporto tra lo Stato e le Regioni.

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La seconda data è sabato 29 gennaio, giorno in cui si sa da tempo che verrà eletto il nuovo presidente. Scontata la votazione, si dà per certo anche plebiscitaria, per Amato, già adesso vice presidente, perché da tempo ormai la Consulta segue il criterio dell’anzianità. Per la semplice ragione, anche in questo caso, che il ruolo del presidente non riveste un carattere “verticista” né tantomeno “decisionista”, ma di servizio collegiale rispetto agli altri colleghi. Concetto spiegato dozzine di volte, e ascoltato diligentemente da chi segue i lavori della Corte. E proprio il criterio dell’anzianità di nomina, non senza polemiche, ha portato anche di recente a presidenze molto brevi.

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E se poi – e qui siamo alla gabola delle ipotesi sull’elezione del capo dello Stato – prima di sabato, o dopo sabato, Amato dovesse essere votato per salire al Colle? Se dovesse succedere prima, tra giovedì e venerdì, accadrebbe semplicemente che sabato la Consulta si troverebbe a scegliere un altro presidente. E qui si aprirebbe un giallo e una bella partita visto che ci sono due giudici al femminile e un giudice al maschile che hanno giurato nello stesso giorno. E tutti e tre, per esempio, potrebbero essere i vice presidenti di Amato, proprio per evitare una lite in famiglia. Ma se succedesse dopo sabato, con Amato già eletto al vertice della Consulta, accadrebbe semplicemente che il neo presidente attraverserebbe la strada passando dal palazzo della Consulta a quello del Quirinale. E la Corte dovrebbe trovarsi un altro presidente. Sempre tra i tre che per anzianità vengono subito dopo Amato. E cioè la lavorista Silvana Sciarra,  l’amministrativista Daria de Pretis, il costituzionalista Nicolò Zanon. Sciarra prima giudice donna scelta dal Parlamento e più anziana, ma di età. De Pretis rettrice a Trento. Zanon per 4 anni al Csm. Una bella partita. De Pretis e Zanon scelti da Napolitano che ne ufficializza i nomi 18 giorni prima che scadano i due giudici da sostituire di nomina quirinalizia in segno di protesta istituzionale contro le Camere che invece sono in ritardo e se la prendono comoda. Tutti e tre poi giurano assieme.

Tutto alla luce del sole. Né manovre di palazzo di alcun tipo da parte di Amato. Nessuna “sottigliezza” da dottor Sottile. Un Amato che ieri ha salutato con entusiasmo l’uscente Coraggio, un giudice che da 40 anni ha attraversato ogni magistratura, ma che nel cuore – e lo confessa espressamente – ha il Consiglio di Stato, che lo ha visto anche presidente proprio prima di entrare alla Consulta. Come accade oggi per Filippo Patroni Griffi, che passa dal vertice di palazzo Spada alla Corte costituzionale. Giurerà sabato, nelle mani di Mattarella. E poi voterà per il nuovo presidente che a mezzogiorno terrà la sua prima conferenza stampa. Tutto programmato. Perfino nei minuti. Zero sorprese. Forse solo quella – come dicevamo – di chi sarà “la”, o “il”, o “i” vice presidenti.

“Mezzo secolo di attività professionale, e debbo dire che non posso negare di essere stato fortunato a svolgere il lavoro più interessante e bello cui un giudice possa aspirare”. Coraggio esordisce così nel suo saluto. In cui ringrazia i “laudatores”, ed espressamente Amato, perché “non è da tutti avere encomi da un Giuliano Amato, con una partecipazione che va al di là dell’occasione ufficiale”. Ovviamente tessono le sue lodi anche il costituzionalista Massimo Luciani e la presidente dell’Avvocatura dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli.

Ma proprio da Amato arriva un passaggio che descrive bene la personalità di Coraggio, un magistrato presidente che unisce e non divide, che conosce l’arte della mediazione, intesa come ricerca della soluzione migliore anche per un problema complesso. “La collegialità non cancella la personalità e le idee di ciascuno, ma ci spinge a misurarci con quelle degli altri, fino a ritrovare noi stessi in qualcosa che non è più solo nostro”. Del “metodo” Coraggio Amato dice: “Quand’anche non fosse d’accordo con l’opinione che stava prevalendo, si limitava a tirare le fila, spiegando anche il perché del suo disaccordo, ma registrando il risultato a cui giungevamo. Se sentiva quei fondamentali in gioco, allora la sua reazione all’opinione di coloro che li avevano messi in gioco, era un fermissimo e vibrante “ma andiamo” che a volte riapriva la discussione, altre volte miracolosamente la chiudeva, senza che più vi fosse obiezione alcuna”. E insiste su quel “Ma andiamo…”, definendolo “un modulo retorico unico, spontaneo, efficacissimo”. Chiudendo con un “non lo dimenticherò mai”. 

Coraggio saluta riandando alla sua carriera: “Debbo dire che non posso negare di essere stato fortunato: innanzitutto sul piano personale, perché sono arrivato a questa età in discreta forma fisica e mentale; fortunato da punto di vista familiare, ho una famiglia piena di soddisfazione e orgoglio, da un punto di vista professionale la mia carriera è il frutto di una serie di occasioni, che mi sono preparato a cogliere e che mi sono impegnato per cogliere, ma le occasioni ci sono state e ci vogliono nella vita”. Coraggio lascia una Corte che per un anno ha vissuto senza scosse, e con decisioni importanti come quelle sul carcere, e sull’ergastolo ostativo su cui ancora adesso annaspa il Parlamento. E alla vigilia della decisione sui referendum attesa per metà febbraio Coraggio non nasconde già più di un pizzico di nostalgia. 

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