[ Leggi dalla fonte originale]
Se i vaccini non arrivano in Africa, l’Africa proverà a realizzare i suoi. Afrigen Biologics, un laboratorio di Città del Capo, ha prodotto per ora pochi microlitri del principio attivo a Rna, ma conta di migliorare e di poter iniziare le sperimentazioni sui volontari a novembre. Per le somministrazioni su larga scala ci vorranno tre anni, ma intanto il continente ha dimostrato di essere all’altezza di una tecnologia di frontiera, facendo anche meglio dell’Italia. Agli annunci del nostro governo di voler realizzare impianti di produzione per i vaccini a Rna, ormai un anno fa, non sono infatti seguiti atti concreti. Il nostro è l’unico fra i grandi Paesi europei a non avere una fabbrica dedicata a un prodotto che resterà strategico anche in futuro.
L’Africa, finanziata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dimostrato invece di provare a tener testa a Big Pharma. Moderna, annunciando il suo vaccino contro il Covid, un anno e mezzo fa, si era detta disposta a condividerne il brevetto. Peccato che abbia sempre rifiutato di spiegare nei dettagli la ricetta del suo principio attivo, di fatto annullando il gesto di generosità. L’Oms, con una dimostrazione di carattere, lo scorso giugno ha deciso allora di appoggiare un consorzio di laboratori africani per arrivare a replicare Moderna. Quello contenuto nella provetta di Afrigen è il primo vaccino della storia ricreato senza l’assistenza e l’approvazione della ditta che lo ha messo a punto.
Afrigen ora non terrà la ricetta segreta. Si è già messa d’accordo con Biovac, un’azienda sempre sudafricana che si occupa della produzione e dell’infialamento su larga scala, per trasformare quei pochi microlitri in quantità maggiori. E si è detta disposta ad addestrare altri scienziati in Brasile e Argentina. Intanto sta studiando una versione di Rna che non ha bisogno di temperature estremamente basse (tra meno 15 e meno 25 gradi) per essere conservato e trasportato. Si tratterebbe di un passo avanti importante per facilitare la gestione delle fiale nei paesi caldi e poveri di freezer di grandi dimensioni.
Vaccini a quota dieci miliardi, ma la guerra al Covid non è finita
di
Elena Dusi
“Non abbiamo copiato Moderna, abbiamo sviluppato i nostri processi da soli, perché Moderna non ci ha fornito alcuna tecnologia” ci tiene a precisare Petro Terblanche, la direttrice di Afrigen. L’Oms ha spiegato di aver provato a coinvolgere Pfizer e Moderna nel consorzio, per beneficiare della loro esperienza, ma senza successo. “Questo non è il vaccino di Moderna. E’ il vaccino di Afrigen” dice oggi Terblanche. “Siamo stati i primi a utilizzare la sequenza genetica elaborata dall’università di Stanford e utilizzata da Moderna per il suo vaccino. Abbiamo concluso la fase di preparazione in laboratorio e abbiamo ottenuto la formulazione finale. E’ un piccolo passo, ma un inizio favoloso, che permetterà ai Paesi a basso e medio reddito di produrre i propri vaccini”.
Afrigen ha beneficiato della collaborazione dell’università del Witwatersrand a Johannesburg e dei finanziamenti, tra gli altri, di Francia, Germania e Belgio. Terblanche ha raccontato di aver ricevuto offerte di aiuto da decine di scienziati esperti del campo, americani inclusi. Afrigen e Biovac hanno la capacità di produrre 250 milioni di dosi all’anno. Non molto, se si pensa che l’Africa ha 1,2 miliardi di abitanti e che Pfizer e Moderna hanno una potenza di fuoco di 1,7 miliardi di dosi all’anno. Ma sicuramente una prova di carattere, per un continente che dopo un anno, complici anche i ritardi delle forniture, ha potuto vaccinare solo l’11% della sua popolazione.
