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Covid: contagi e immunità, test falsi negativi, rischi dell’aria condizionata

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di Laura Della Pasqua

1. Chi è stato contagiato che immunità ha e quanto dura?

2. Perché un test può risultare negativo anche se c’è l’infezione?

3. L’aria condizionata è un rischio?

1. Chi è stato contagiato che immunità ha e quanto dura?

I contagi stanno aumentando in modo esponenziale, sia per la perdita di efficacia del vaccino nel tempo sia per la capacità delle varianti di neutralizzare le difese. La domanda più ricorrente riguarda la qualità e la durata dell’immunità per chi ha contratto il virus. Lasciamo la parola al virologo Mauro Pistello, direttore della Unità Operativa di Virologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.

Come funziona l’immunità in chi è stato contagiato?

Certamente chi è stato contagiato ha una protezione rafforzata. L’infezione naturale è un sistema di istruzione immunitaria migliore del vaccino. Questo trasferisce al sistema immunitario dell’organismo solo una parte delle informazioni sul virus mentre la malattia fornisce “la fotografia completa” del Covid. Un altro fattore per cui si è più protetti rispetto al vaccino è che questo è costruito per dare una copertura contro il primo ceppo, quello di Wuhan. Chi è contagiato ora sviluppa un’immunità contro Omicron, quindi contro un aggiornamento del virus originario.

Quanto dura l’immunità da infezione?

La caduta progressiva del livello di protezione a seguito dell’infezione naturale è più lenta rispetto al vaccino ma proprio per il fatto che questi virus colpiscono le vie aeree superiori e quindi ad essi siamo esposti con più frequenza, prima o poi può accadere che ci si possa reinfettare. Normalmente il livello di protezione conferito dall’infezione naturale è più lungo rispetto al vaccino, può durare anche un anno. Molto dipende dalle variabili individuali e da quanto simile è il virus che circola rispetto a quello dell’infezione naturale. Se il virus cambia rapidamente la protezione diminuisce.

Allora se l’immunità naturale è più potente perché ci siamo vaccinati?

All’inizio della pandemia era necessario vaccinarsi perché i ceppi erano più patogeni e molte persone sono morte. Ora le varianti sono meno pericolose perché colpiscono una popolazione che è in gran parte vaccinata o che è stata contagiata. È una popolazione il cui sistema immunitario è stato istruito. Non sappiamo quello che sarebbe accaduto anche con Omicron che oggi ci dà meno preoccupazioni, se non ci fosse stata una campagna di vaccinazione così capillare. Se le varianti non impattano in modo grave è perché siamo vaccinati.

Siccome le varianti non sono pericolose, ha senso la quarta dose?

Nella mia opinione, se le varianti sono sempre queste, se il contesto non cambia, ha senso vaccinare solo i soggetti più fragili, perché hanno un sistema immunitario che risponde poco e quindi sono più esposti. Vaccinerei i bambini perché non si sa mai e possono funzionare da serbatoio dell’infezione. La somministrazione a chi non ha problemi solo nel caso di varianti più patogene ma a quel punto, con sieri modificati più rispondenti alle varianti. Qualora ci fosse, in futuro, una variante più pericolosa allora bisognerebbe riconsiderare tutto.

2. Perché un test può risultare negativo anche se c’è l’infezione?

Spesso chi è stato contagiato risulta positivo solo al secondo test. Come mai? «Mettendo da parte il sistema che si utilizza e la capacità dell’operatore di fare il tampone, qualche volta succede che i sintomi possono anticipare la presenza o la quantità rilevabile del virus», afferma il virologo Mauro Pistello. «La quantità di virus è una sorta di curva che tende a salire fino a un certo punto, dopodiché il sistema immunitario prende il controllo della situazione e la replicazione si riduce progressivamente fino a scomparire. Per cui se si è nella fase iniziale è possibile che il tampone non lo rilevi. Tant’è che si consiglia, soprattutto nei casi sintomatici, di fare tamponi ripetuti a distanza di poche ore o di un giorno o due per essere sicuri della negatività».

3. L’aria condizionata è un rischio?

Questa è un’estate particolare calda. Torna il tema dell’aria condizionata, ma questa volta, oltre al problema del consumo energetico c’è quello del dubbio se i dispositivi possono essere un veicolo di diffusione del virus. Davvero si corre questo rischio e come si può rendere l’ambiente più sicuro? Abbiamo girato la domanda al virologo Maria Chironna, professoressa dell’Università di Bari e responsabile del laboratorio di analisi Covid del Policlinico. «Purtroppo i condizionatori usati per rinfrescare gli ambienti in estate non sono  “purificatori” dell’aria. Perciò, il rischio è che possano essere ricettacoli di microrganismi oltre che di polveri, se non sottoposti a manutenzione e regolari verifiche. Sono gli ambienti chiusi senza ricircolo d’aria a far aumentare il rischio di contagio. Sars-CoV-2 è un virus a trasmissione aerea. Servono, quindi, altri sistemi per favorire il ricambio di aria, sia in inverno che in estate. E questo deve riguardare ambienti pubblici chiusi, luoghi di lavoro e mezzi di trasporto. È importante fare investimenti in queste nuove tecnologie per il ricambio dell’aria che porterebbero a indubbi benefici anche per altre malattie trasmesse per via aerea».

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