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Covid, due mesi decisivi: gli scenari che preoccupano l’Italia

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Roma.  Nei prossimi due mesi, soprattutto se la variante Omicron dovesse diventare prevalente, l’Italia potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione dell’Inghilterra: con un picco di contagi nonostante l’alto numero di vaccinati. Da ora a fine febbraio si apre una finestra di fragilità con una platea di 20 milioni di italiani che – ormai trascorsi più di cinque mesi dalla seconda dose – non possono più ritenersi coperti dall’infezione. La fetta più grande dei 45 milioni di italiani già immunizzati ha infatti completato il ciclo vaccinale tra giugno e agosto e dunque tra dicembre e febbraio dovrebbe fare il booster. Attualmente ( nonostante il forte aumento delle terze dosi che viaggiano sulle 400.000 al giorno) sono 10 milioni gli italiani che hanno ripristinato la protezione iniziale, poco meno della metà della platea che ne avrebbe già diritto. E che raddoppierà tra gennaio e febbraio, che saranno i mesi decisivi nella battaglia al Covid.

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di

Tommaso Ciriaco

Alessandra Ziniti

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«Quella di un calo dei casi di Covid a partire da Natale è una proiezione possibile ipotizzando che il buon avvio della campagna vaccinale con le dosi booster prosegua il ritmo e potendo vaccinare 10 milioni di persone al mese o di più. Ciò potrebbe darci un livello di protezione che spiega l’attuale crescita, che è comunque più lenta che in altri Paesi», dice il direttore generale di Aifa Nicola Magrini.

Dunque, se gli italiani accoglieranno l’invito a non procrastinare la terza dose, il plateau dei nuovi casi potrebbe essere raggiunto per Natale, diversamente se – complici le feste – dovesse prevalere un atteggiamento dilatorio, il rischio di arrivare nel giro di poche settimane con 30.000 contagi al giorno ( grazie anche al clima freddo e favorevole al virus) sarebbe reale. Anche perchè la curva dei contagi continua a crescere ( ieri il rapporto positivi-tamponi ha superato il 4 % per la prima volta negli ultimi otto mesi) e soprattutto cresce la pressione sugli ospedali con le corsie dei reparti che cominciano a riempirsi anche di vaccinati ( soprattutto anziani ) con la doppia dose fatta ormai da più di sei mesi.

Il report settimanale della Gimbe fissa ormai al 9 % ( appena un punto sotto la prima soglia di rischio) il tasso nazionale di occupazione delle terapie intensive e al 10 quello dei reparti ordinari anche se molti ospedali stanno riconvertendo in Covid reparti di medicina e geriatria rinviando interventi che non siano d’urgenza e limitando le prestazioni ambulatoriali. E proprio la tabella degli indicatori di rischio ( incidenza di casi per 100.000 abitanti, terapie intensive e ricoveri ordinari) disegnano una mappa d’Italia che da qui alla fine dell’anno potrebbe tingersi di giallo ben oltre le due uniche attuali macchie: Friuli Venzia Giulia e Alto Adige.

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Superato ormai da tutte le Regioni il parametro di 50 casi ogni 100.000 abitanti, sono sette quelle sopra soglia almeno in un altro indicatore e che dunque vedono avvicinarsi il giallo: Veneto, Liguria, Lazio, Marche e Trentino sono già in sofferenza nelle rianimazioni ( tutte sopra il 10 %) mentre Calabria e Valle d’Aosta hanno terapie intensive ancora sotto il limite ma reparti ordinari sovraffollati. Per non parlare di Alto Adige e Friuli Venezia Giulia dove i contagi non frenano ancora e comincia ad avvicinarsi lo spettro della zona arancione.

Il Veneto, con un aumento del 30 % di nuovi casi nell’ultima settimana, è già rassegnato: «Probabilmente entreremo di nuovo in zona gialla – dice il governatore Luca Zaia – Di per sé, il Super Green Pass ci consente di vivere come prima tranne l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto». Allerta anche nel Lazio dOve l’incidenza ( 190ogni 100.000 abitanti ed Rt a 1,6 ) continua a salire. «La situazione va attenzionata – avverte l’assessore alla Sanità Alessio Dì’Amato – dobbiamo assolutamente raffreddare la curva»
©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

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