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Covid, i dati Agenas: “In 13 regioni sale l’occupazione dei repart”. Rasi: “Omicron sfugge ai tamponi rapidi, uno su due è negativo”

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ROMA –  A livello nazionale il tasso di occupazione di posti letto nei reparti ospedalieri sale al 20% e, in 24 ore, cresce in 13 regioni, raggiungendo livelli più critici in Valle d’Aosta (47%), Calabria (32%), Liguria (31%) e Umbria (con +3% raggiunge il 27%). A crescere sono anche: Abruzzo (al 16%), Campania (19%), Emilia Romagna (18%), Lazio(20%),Lombardia (22%), Piemonte (24%), Puglia (12%), Sicilia (24%), Toscana (16%). Stabili oltre soglia del 15%: Basilicata (20%), Friuli (24%), Marche (23%), PA Bolzano (17%), Sicilia (24%),Veneto (20%). Il tasso è in calo nella PA Trento (al 19%) e Sardegna (9%). Questi i dati Agenas del 4 gennaio.

I posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti con Covid-19 restano al 15% a livello nazionale ma crescono in 6 regioni: Abruzzo (arrivando al 13%), Basilicata (4%), Lombardia (15%), PA di Bolzano (19%), Piemonte (19%) e in Valle d’Aosta (con un +3% arrivano al 12%). Stabile oltre la soglia del 10% in Calabria (15%), Emilia Romagna (15%), Lazio (17%), Liguria (21%), Marche (21%), PA di Trento (24%), Sicilia (13%), Toscana (15%), Umbria (12%), Veneto (19%). In calo in Campania (8%), Friuli (16%). E’ quanto emerge dal monitoraggio dell’Agenas, che confronta i dati del 4 gennaio con quelli del giorno precedente.

Prosegue a ritmo elevato anche la campagna vaccinale nazionale, che ieri ha fatto registrare oltre 640 mila somministrazioni, con 64 mila prime dosi – 34 mila delle quali in favore di bambini tra i 5 e gli 11 anni di età – e 532 mila richiami. Nel periodo tra il 5 e l’8 gennaio verranno distribuite alle Regioni/Province autonome 2.811.600 di dosi di vaccino, così suddivise: 1.388.800 di Pfizer, 714.800 di Moderna e 708.000 di Pfizer in preparazione pediatrica. Lo fa sapere la struttura del Commissario per l’Emergenza, Francesco Figliuolo.

Lo studio: “Il vaccino protegge da Omicron”

La vaccinazione contro il Covid protegge dalla variante Omicron. Anche se gli anticorpi calano nel tempo e in più non riconoscono bene le nuove varianti, le cellule T del sistema immunitario rimangono di guardia. Lo evidenzia un nuovo studio dell’Istituto di ricerca e ospedale di neuroriabilitazione Santa Lucia IRCCS di Roma, da cui  emerge la capacità delle cellule T del sistema immunitario di riconoscere la nuova variante e quindi di proteggere dalla malattia grave e dall’ospedalizzazione.

Per lo studio sono state condotte analisi immunologiche su campioni di sangue provenienti da 61 donatori che avevano effettuato diverse tipologie di vaccinazione. Il protocollo utilizzato per la ricerca consiste nell’esposizione dei linfociti T dei donatori alla proteina Spike del ceppo originale di SARS-CoV-2, contro cui sono stati preparati i vaccini attualmente in uso. Il 100% dei donatori ha risposto con l’attivazione dei linfociti T specifici per il coronavirus. I linfociti T sono stati poi esposti ai frammenti mutati della proteina Spike della variante Omicron generando una risposta cellulare in circa il 70% degli individui. Tuttavia, questa risposta era ridotta di quasi il 50%, ossia era minore il numero di cellule che riconosceva la proteina Spike mutata. Alla luce di questi dati l’efficacia residua dei vaccini ad mRNA è stata quindi stimata di circa l’80% rispetto a quella contro la variante originale. “Gli anticorpi – sottolinea Giovanna Borsellino, direttrice del Laboratorio di Neuroimmunologia del Santa Lucia IRCCS  –  sono solo una parte degli strumenti che il sistema immunitario mette in campo per combattere le infezioni.

L’immunità cellulare è costituita da un esercito di cellule del sangue addestrate a riconoscere il virus, dotate anche di memoria e longevità: i linfociti T. Con questo lavoro è stato dimostrato che riconoscono anche la variante Omicron, seppur in misura ridotta rispetto al virus originale di Wuhan contro cui siamo stati vaccinati. Questi linfociti T hanno, chimicamente, una visione più ampia del virus rispetto agli anticorpi, e riescono a sorvolare su piccoli cambiamenti nella sua struttura, rimanendo sempre sul bersaglio”.

“Questi dati di laboratorio – conclude – confermano i dati clinici da tutto il mondo, con tassi di ospedalizzazione e di malattia grave di gran lunga inferiori rispetto alle precedenti ondate che ci hanno travolto da non vaccinati. Questi vaccini funzionano, e anche se gli anticorpi calano nel tempo e in più non riconoscono bene le nuove varianti, i linfociti T rimangono di guardia, e uccidono le cellule infettate interrompendo così il ciclo replicativo del virus. Inoltre, i linfociti T possono aiutare le cellule che producono gli anticorpi, favorendo la generazione di nuovi anticorpi neutralizzanti diretti contro le varianti. Ci si contagia, ma si è protetti dalla malattia grave”.

Rasi: “La variante Omicron non riconosciuta dai tamponi antigenici”

“Con la variante Omicron destinata a diventare predominante, i tamponi antigenici rapidi rischiano di diventare inutili. La nuova versione del virus sars-cov-2 sembra in grado di sfuggire con maggior frequenza ai test diagnostici oggi più utilizzati”. A spiegarlo è Guido Rasi, consulente del commissario per l’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo e direttore scientifico di Consulcesi. Rasi è anche uno dei docenti del corso di formazione professionale Ecm di Sanità In-Formazione per Consulcesi Club intitolato “Un test per tutti. Test di screening diagnostici e il loro funzionamento”. “Ora più che mai è fondamentale che gli operatori sanitari continuino a tenersi aggiornati sull’evoluzione del virus e delle nostre conoscenze sia in campo diagnostico che terapeutico”, sottolinea Rasi. “Dati preliminari indicano che circa il 40% delle persone positive alla variante omicron può risultare negativo ai test rapidi, quasi 1 su 2”, spiega Rasi.

“Spero siano presto disponibili test rapidi aggiornati ed attendibili per la omicron, ma nel frattempo è necessario alzare la guardia”, dice Rasi. “In questo contesto, il ruolo degli operatori sanitari sarà ancora più centrale nella valutazione dei pazienti”, aggiunge. “Da parte nostra – fa eco Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi – continueremo ad allargare e ad aggiornare più possibile la nostra offerta formativa. Certi dell’importanza dell’aggiornamento professionale sempre, e in particolar modo in tempi di Covid, continueremo a lavorare a fianco degli operatori sanitari offrendo loro gli strumenti conoscitivi più adeguati per continuare a far fronte a questa emergenza”.

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