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“A farmi paura era il suono del ghiacciaio: nell’ultima settimana si sentiva il rumore dei torrenti che scavavano e scavavano sotto la calotta…”. Carlo Budel, 48 anni, veneto di San Gregorio nelle Alpi, non si dà pace: “No, questa notte non ho chiuso occhio”, ammette.
“Su Fb ho scritto di agonia del ghiacciaio, ma non era un allarme”
Un’inquietudine alimentata anche da chi ha voluto interpretare con malizia le parole sull’agonia della Marmolada che aveva affidato nei giorni scorsi ad un post su Facebook: “Ma per carità, non venite a dire che ho lanciato l’allarme, che qualcuno avrebbe una responsabilità per quello che è successo”. Tutti d’accordo gli esperti: la tragedia di domenica non era prevedibile. Ma le parole di Budel su quei torrenti che stanno consumando il ghiacciaio suonano quasi come un profezia: sotto il seracco che si è staccato da Punta Rocca c’era – letteralmente – un lago.
Carlo Budel nel rifugio di Punta Penia nel giugno del 2021
Il custode di Punta Penia
Il custode della Marmolada è rimasto fedele a sé stesso. A parte i soccorritori impegnati a cercare i corpi dei dispersi, è l’unico rimasto a presidiare la Regina delle Dolomiti dopo l’evacuazione totale della montagna e il divieto d’accesso imposto dalle autorità. Carlo è rimasto lassù, ai 3.343 metri di Punta Penia, solo con i suoi pensieri e le lacrime: “Tra le vittime c’è anche un amico, una guida alpina di Padova”. Vent’anni di fabbrica, poi la decisione di cambiare vita. Difficile immaginarsi qualcosa di più radicale, visto che cinque anni fa Carlo ha scelto di gestire il rifugio (ma è meglio parlare di capanna) sulla vetta più alta delle Dolomiti: Punta Penia.
“L’anno scorso qui era pieno di neve…”
Carlo trascorre tanti mesi all’anno sulla vetta, spesso da solo. Un osservatorio privilegiato su un ghiacciaio che da alcune decenni è in sofferenza. Sofferenza che secondo Budel quest’anno è diventata agonia: “Ad agosto dello scorso anno il ghiacciaio era ancora bello, bianco, con uno strato di neve: d’altra parte in inverno erano caduti 12 metri di manto. Quest’anno già a fine giugno la calotta era completamente scoperta, nera, piena di crepacci aperti, una situazione che non avevo mai visto prima. E, poi, quel rumore pauroso che veniva dal ghiacciaio…”.
Il rifugio di Punta Penia in questi giorni
“Se domenica avesse nevicato, non ci sarebbe stato nessuno sulla strada della slavina “
Ieri, sulla Marmolada, c’era brutto tempo. Ma anche sulla cima, niente neve: “Una stranezza, di solito con questo tempo, a questa quota nevica”. Magari, si tormenta Budel, ci fosse stato questo meteo domenica: “Con un tempo così, la slavina non avrebbe trovato nessuno sulla sua strada. Invece…”. Invece c’è stata l’alchimia perfetta per la tragedia: il giorno, l’ora, il caldo.