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Sergio Mattarella come Sandro Pertini, ha fatto notare un artista di sinistra come Piero Pelù, che sul palco del concertone si è presentato con una maglietta con l’effigie del capo dello Stato con la cresta punk. “La voglio! Dove si compra?” ha twittato il suo portavoce, Giovanni Grasso. Il presidente ieri sera non era davanti alla tv, ma la foto l’ha vista. Dopo l’ospitata a Sanremo, star al concertone. E viene da chiedersi se è cambiato Mattarella o se è cambiata l’Italia.
Come Pertini, Mattarella va nelle fabbriche, esalta la lotta partigiana (“ora e sempre Resistenza!”), s’inchina in amara solitudine davanti alle bare dei migranti morti a Cutro, ospita disabili nel suo palazzo, difende gli studenti pestati dai fascistelli, pranza nei luoghi confiscati alla camorra, tuona contro il lavoro povero e la precarietà, visita Auschwitz, difende allo stremo la Costituzione, contro chi ne sogna una torsione presidenzialista. Messi in fila sono fatti inauditi, specialmente in questa stagione di cinismo istituzionale. Rappresentano un indubbio scarto, una nettezza d’animo, mentre l’estrema destra occupa per la prima volta palazzo Chigi. E viene quasi da aggiornare i versi di Toto Cutugno, “un partigiano come presidente”.
Mattarella però è sempre sé stesso. È il contesto che è cambiato. E ciò che fa di lui l’altro: un uomo con il sentimento di ruolo, un politico che assume la necessaria gravitas nelle occasioni pubbliche, questo ci piace e già ci sembra tantissimo in un Paese dove il presidente del Senato, la seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, il 25 aprile è volato a Praga o parla dell’Inter durante le sedute parlamentari. Sbaglia anche chi pensa a Mattarella come al capo dell’opposizione. È esattamente quel che il Quirinale non vuole: un presidente della Repubblica fa il presidente della Repubblica, e quindi è leale col governo eletto dal popolo, rispetta le prerogative del Parlamento, ne vaglia naturalmente i provvedimenti secondo scienza costituzionale e obblighi internazionale.
“Sandro, come vorresti essere ricordato?” domandò a Pertini, Enzo Biagi, nel 1981.”Come un uomo che è stato sempre sincero. Uno senza arroganza, senza superbia, che ha amato gli italiani, i giovani”. Siamo sicuri che Mattarella sottoscriverebbe per sé queste parole. Tanti anni fa chiesero a Giorgio Manganelli che qualità d’uomo avrebbe voluto al Quirinale. “Un uomo che non abbia nessuna legittima aspettativa”, rispose il grande scrittore. È stata finora la grande forza dell’attuale inquilino al Colle, uno che non ha brigato per essere lì, non ha ceduto alla vanità per diventare punk. Ci è diventato. È diventato l’altro, per contrasto e acclamazione.