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Dall’omofobia al fine vita, quei diritti arenati in Parlamento

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Nel mese del Gay Pride, il ddl Zan contro l’omotransfobia è solo una chimera. Dovrebbe essere tirato fuori dai cassetti del Parlamento dopo le Amministrative: lo hanno promesso Pd e 5S per cancellare l’onta della bocciatura a ottobre scorso tra applausi e giubilo delle destre. Del resto, nell’agenda parlamentare ci sono anche lo Ius scholae, che è la legge sui nuovi italiani attesa da più di vent’anni. E c’è il provvedimento che depenalizza la coltivazione domestica di 4 piantine di cannabis. Proposte affogate dagli emendamenti di Lega e FdI, benché attese al voto dell’aula di Montecitorio a fine mese. Al Senato poi giacciono la legge sul suicidio assistito e quella sul doppio cognome. Sembra che neppure le sentenze della Consulta riescano a scuotere la deriva tutta italiana che vede i diritti civili ridotti a campo di battaglia elettorale. Così alla vigilia di fine legislatura, l’allargamento dei diritti di tutti resta impigliato nella rete dei cattolici conservatori e di veti incrociati. Sul doppio cognome ad esempio, la paralisi parlamentare può portare al caos, dal momento che la Corte costituzionale ha tolto l’automatismo dell’attribuzione del cognome paterno, ma una norma non c’è. E sul fine via, a dispetto del dolore, si gioca a braccio di ferro.

Il Parlamento chiude, tutto rinviato a dopo le amministrative. Ddl Zan, fine vita, cittadinanza, cannabis: le leggi sui diritti a rischio deriva

di
Serenella Mattera

31 Maggio 2022

Ancora nel cassetto il ddl Zan

Tutti in piazza nel mese del Gay Pride. Striscioni (anche quello di Repubblica) alle parate di giugno, l’11 a Roma, il 18 a Torino, il 25 a Bologna e il 2 luglio a Milano, oltre alle decine sparse in tutta Italia. Manifestazioni quindi, politici che non vogliono mancare. Però poi in Parlamento si tiene nel cassetto il ddl Zan. La legge contro l’omotransfobia, già affossata in Senato sei mesi fa tra l’esultanza scomposta del centrodestra, è stata ripresentata dopo sei mesi di “tagliola”, come previsto dal regolamento di Palazzo Madama. Il Pd così come i 5Stelle hanno promesso che si daranno da fare pur di farla approvare, nonostante sia countdown verso la fine della legislatura. I dem annunciano una iniziativa politica: dopo le amministrative convocheranno i partiti di maggioranza per vedere se un compromesso è possibile.

Ostruzionismo sullo Ius Scholae

Lo stato dell’arte lo riassume Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore dello Ius scholae, la legge per dare la cittadinanza italiana a 850 mila ragazzi figli di immigrati nati in Italia e che qui hanno concluso un ciclo di studi. Il 24 giugno lo Ius scholae approda nell’aula di Montecitorio per essere votato. Dopo decenni di discussioni per superare lo Ius sanguinis (si è cittadini italiani per discendenza), scontri politici, un’approvazione definitiva della nuova cittadinanza sfiorata nella passata legislatura, ci risiamo. Salvini e Meloni si sono messi di traverso con una valanga di emendamenti molto fantasiosi, come la conoscenza delle sagre paesane o il massimo dei voti a scuola. L’esame in commissione dovrà concludersi entro il 22 giugno.

Cannabis, la coltivazione in casa divide i partiti

Sembrava avere superato la metà del guado la legge che depenalizza la coltivazione domestica di 4 piantine di cannabis per uso personale. Ma l’esame in aula a Montecitorio è previsto per il 27 giugno e in commissione Giustizia restano ancora molti emendamenti da votare. Nel nome e nel ricordo di Walter De Benedetto, recentemente scomparso – il paziente che per 36 anni ha curato l’atrite reumatoide con la cannabis coltivata in casa (già processato e assolto) – il presidente della commissione Giustizia, il grillino Mario Perantoni ha giurato: “Noi andiamo avanti convinti che si tratti di una misura di civiltà. La legalizzazione della coltivazione domestica di quattro piante di cannabis non contrasta con nessun principio etico ma è uno strumento di buon senso”.

Il suicidio assistito fermo in Senato

Approvata alla Camera nel marzo scorso, la legge sul suicidio assistito sollecitata dalla Corte costituzionale dopo la sentenza sul caso Cappato-Dj Fabo è nelle acque agitate di Palazzo Madama. L’esame è affidato a due commissioni congiunte, la commissione Sanità guidata dalla renziana Annamaria Parente e la Giustizia, il cui presidente è il leghista Andrea Ostellari. Un rallentamento dopo l’altro, a cominciare dalla scelta dei relatori. La Lega ha indicato e voluto Simone Pillon, cattolico integralista che ribadisce: “Io voglio approfondire il testo e ritengo che nessuno debba restare senza cure fino all’ultimo”. Le destre, e i centristi come Paola Binetti, denunciano le “derive eutanasiche” e agitano lo spauracchio dell’istigazione al suicidio.

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