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Dap, Renoldi scrive a Cartabia: “Mai messo in dubbio la necessità del 41bis contro la mafia”

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ROMA – “Illustrissima Signora Ministra…non ho mai messo in dubbio la necessità del 41bis contro la mafia”. Comincia così la lunga lettera che Carlo Renoldi ha consegnato ieri pomeriggio alla Guardasigilli. Renoldi, 53 anni, è il magistrato chiesto da Marta Cartabia al Csm, dopo averne parlato con Mario Draghi, come nuovo capo delle carceri. Una lettera – che Repubblica racconta in esclusiva – per chiarire di persona, e ovviamente innanzitutto con lei, il contenuto di spezzoni di frasi pronunciate in passato che lo farebbero apparire come un magistrato non solo contro il 41bis, ma anche contro i sindacati della polizia penitenziaria, nonché contro settori “militanti”dell’Antimafia. Un ritratto in cui Renoldi non si riconosce affatto, e in cui non lo riconoscono neppure colleghi come il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che ha lavorato con lui anche in via Arenula. Ma un ritratto che – circolato con video e sentenze “contro” Renoldi che escludevano quelle “pro” Renoldi – hanno provocato la reazione avversa alla sua nomina del M5S e anche della Lega, a fronte delle voci nettamente a favore del Pd e di Forza Italia.

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Ma eccoci alla breve lettera che entra subito nel merito. Renoldi non si tira affatto indietro dallo spiegare a Marta Cartabia cosa disse in quell’incontro al centro delle polemiche – e che tuttora si può ascoltare su Radio Radicale – del 29 luglio 2020 per commemorare Alessandro Margara, storico capo del Dap, noto per la sua convinzione che il carcere debba essere un luogo di pena sì, ma umano. Moderava l’ex sottosegretario Franco Corleone, e c’erano esperti di carcere che condividono in pieno la concezione di Margara, da Francesco Maisto a Giovanni Maria Flick, da Mauro Palma a Riccardo De Vito, a Stefano Anastasia

Scrive adesso Renoldi, oggi giudice della prima sezione penale della Cassazione ed ex giudice di sorveglianza a Cagliari: “Sento la necessità di scriverle questa breve nota in relazione alle polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione di alcune frasi fraintese ed estrapolate da quell’incontro del 2020…”. Ed ecco la sua versione rispetto alle accuse che gli sono piovute addosso di essere una toga anti 41bis. “In occasione di quel convegno – scrive il magistrato che ha lavorato anche in via Arenula e al Csm – riflettevo sull’idea di carcere che, in particolare nel tempo della pandemia, vediamo affermarsi e, in generale, sull’idea di penalità che attraversa le società moderne. E in tale contesto, ragionavo sulle pronunce della Corte costituzionale in materia di ergastolo ostativo”. Chi, come Repubblica, ha riascoltato quel confronto su Radio Radicale non può che confermarlo. Prosegue Renoldi: “Nessuno, men che meno io, può avere intenzione minimamente di sottovalutare la gravità del dramma della mafia, costato la vita a tanti colleghi e servitori dello Stato”. 

E siamo al passaggio chiave della missiva di Renoldi alla ministra della Giustizia sul carcere duro per i mafiosi che gli viene contestata: “Non ho mai messo in dubbio neanche la necessità dell’istituto del 41bis, essenziale nel contrasto della criminalità organizzata, per recidere i legami tra il detenuto sottoposto a questo regime e il contesto delinquenziale di appartenenza. Come, del resto, emerge da sentenze a cui ho contribuito della prima sezione penale della Cassazione, in cui si sottolinea la necessità che le singole misure restrittive siano specificamente finalizzate a tale esigenza”.

Tuttavia Renoldi non rinnega certo la sua “idea” di carcere, fedele al dettato della Costituzione – la pena rieduca, non punisce soltanto – che in questi ultimi anni la Consulta presieduta prima da Giorgio Lattanzi, poi dalla stessa Cartabia, e ancora da Giancarlo Coraggio, ha tradotto non solo in sentenze, ma nell’ormai notissimo viaggio dei giudici costituzionali in sette penitenziari italiani da cui è nato anche un film che ha girato l’Italia ed è stato “fermato” solo dalla pandemia.  

E nelle righe della lettera che seguono ecco che Renoldi spiega che cos’è per lui il carcere: “Credo ugualmente che questa gravissima piaga (quella della mafia, ndr.) non ci possa far dimenticare che in carcere sono sì presenti persone sottoposte al 41bis, ma la stragrande maggioranza è composta da altri detenuti. A cui vanno garantite carceri dignitose, come ci ha ricordato il capo dello Stato Sergio Mattarella”. Il presidente lo ha ribadito più volte e anche dopo i gravissimi pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Prosegue Renoldi: “E così, proprio nell’incontro in ricordo di Margara, rilevavo, con una frase che forse si prestava a equivoci – e questo mi addolora perché verso i nostri martiri, ovviamente, avverto un sentimento di riconoscente reverenza – come sia necessario avere una proiezione sul presente e sui gravissimi problemi che esso pone, in relazione al carcere”. Come quelli di Santa Maria, per esempio. 

È evidente che Renoldi condivide le decisioni della Corte dei diritti umani di Strasburgo e della nostra Corte costituzionale sul carcere. Alla ministra Cartabia scrive che “sull’ergastolo ostativo, le sentenze delle Alte Corti devono farci interrogare su quali risposte dare, e il Parlamento lo sta facendo, alla ricerca di una strada per tenere insieme uno strumento ancora oggi indispensabile, come l’ergastolo, e i principi dell’umanizzazione della pena e del trattamento rieducativo”. Renoldi cita Papa Francesco quando dice che “qualsiasi condanna deve avere una speranza”. 

La lettera si chiude con un passaggio sulla polizia penitenziaria: “Il mio pensiero, espresso in più occasioni pubbliche – scrive Renoldi – è che i diritti sindacali sono diritti fondamentali, ma che soprattutto quando riguardano soggetti istituzionali o che esercitano servizi essenziali, sia ancora più necessario superare ogni logica corporativa”.

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27 Febbraio 2022


Vedremo, a questo punto punto, quale sarà l’effetto su chi ha contestato la scelta di Cartabia di un magistrato come Renoldi per il vertice delle carceri. Una toga che, proprio per le sue idee garantiste, può certo mettere “pace” in un mondo dove la lotta per i diritti è pane quotidiano, dove la rivendicazione di un diritto diventa protesta in un attimo, dove ovviamente la privazione della libertà e il sovraffollamento possono sfociare in una battitura delle inferriate e in un carcere dove la contestazione si infiamma e degenera. 

Per adesso, ad accendersi, è lo scontro politico su Renoldi. Partito con le corali proteste di M5S. A partire dalla responsabile Giustizia Giulia Sarti pronta a dire “siamo preoccupati della scelta, seppur legittima, di una personalità che più volte si è espressa in maniera contraria al 41bis arrivando a bollare l’antimafia come ‘arroccata nel culto dei martiri'”. La lettera di Renoldi, sul 41bis, dovrebbe sgombrare il campo. Ma ieri si è aggiunta la Lega, con la responsabile Giustizia Giulia Bongiorno, “perplessa per la scelta di affidare un incarico così delicato, anche per il messaggio che ne deriva, a chi ha assunto posizioni, anche pubblicamente, che hanno sollevato un vespaio di polemiche nel fronte dell’Antimafia”. Per una volta i nemici di sempre, Bongiorno e l’ex Guardasigilli Bonafede, si ritrovano d’accordo. Bongiorno ribadisce il suo “garantismo nella fase delle indagini e nel corso del processo, ma quando le responsabilità di un imputato sono accertate con sentenza definitiva occorrono rigore e certezza”. Quindi “la lotta alla mafia non deve conoscere rallentamenti e le Istituzioni, oltre a essere intransigenti e severissime in questo obiettivo, debbono apparire tali”. Ma in verità, dalla sue sentenze in Cassazione, Renoldi non appare, per così dire, morbido. Certo è rispettoso delle indicazioni della Consulta dove – e non lo si dovrebbe mai dimenticare – a decidere sono 15 giudici di tendenze estremamente differenti e che certo non favoriscono la mafia. 

Ma, a fronte dei dubbi di M5S e Lega, a fare quadrato su Renoldi ci sono il Pd e Forza Italia. Il tesoriere dei Dem Walter Verini lo ha ripetuto ancora ieri alla Camera durante la discussione generale sull’ergastolo ostativo: “Non condivido riserve e perplessità sula scelta di Renoldi. Si tratta di un magistrato di grande preparazione, in generale e in particolare sul tema della gestione e dell’umanizzazione dell’ordinamento penitenziario. Il rigore inflessibile nel contrasto alle mafie e alla criminalità organizzata, dentro e fuori dal carcere, non può essere in contrasto con i principi fissati dalla Costituzione”. Identica la posizione di Pierantonio Zanettin, capogruppo di Fi in commissione Giustizia a Montecitorio: “Il curriculum di Renoldi, a lungo magistrato di sorveglianza, testimonia un impegno nella tutela dei diritti costituzionali, in linea con il magistero della Corte delle leggi. Registriamo con rammarico le critiche da parte di coloro che stentano a comprendere che nel nostro Paese la pagina del giustizialismo giudiziario sta finalmente per chiudersi”. 

Dalla parte di Renoldi ecco infine la voce di Anna Canepa, oggi toga della Procura nazionale antimafia, ma che nel 2008 scelse volontariamente di lavorare per un anno a Gela come pm. Dice Canepa: “Renoldi è stimatissimo, un buon giudice di sorveglianza ed è giusto che vada al Dap, che non è solo 41bis, ma migliaia e migliaia di persone detenute. Il 41bis è un’arma irrinunciabile per l’antimafia e dev’essere adeguatamente applicato, secondo i dettami della Costituzione e le richieste dell’Europa. E siamo certi che si andrà su questa strada. Poi ci sono altre migliaia di detenuti, i detenuti comuni, ed è importante che al Dap arrivi una persona che tuteli i diritti di tutti. Sono certa che Renoldi lo farà”.

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