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Non sappiamo di che colore aveva gli occhi Diana, la bambina di 18 mesi morta in casa, da sola, a Milano, lasciata per sei giorni a patire la fame e la sete dalla madre Alessia Pifferi, che adesso è in carcere. Non sappiamo se avesse i capelli corti o lunghi, la forma del suo naso, non conosciamo il suo sorriso. Perché ancora oggi, quasi una settimana dopo il ritrovamento del suo corpo, di Diana non c’è una foto pubblica. Non ce n’erano sul profilo Facebook della madre e non ce ne sono neanche – visibili per lo meno, visto che è un profilo in parte privato – su quello della nonna. Ed è, questa assenza di immagini che sembra impensabile considerando che sui social riversiamo la nostra vita, una delle accuse che il tribunale del web fa alla 36enne arrestata con l’accusa di omicidio volontario, come fosse specchio della scelta di lasciar morire sua figlia pur di restare a Bergamo a casa del compagno.
E quindi nell’assenza di foto qualcuno ha deciso che una foto di Diana, se non c’è, bisogna inventarsela: e così da due giorni ha iniziato a girare su Facebook un post, condiviso e copiato da tanti, con la faccia di una bimbetta sorridente e un testo: “Ecco il volto di Diana. Chissà cosa ha patito. Avrà pianto? Nessuno ha sentito? Eppure per sei giorni, con questo caldo, senza cibo, avrebbe urlato. Tanti, troppe sono le domande, gli interrogativi su questa vicenda crudele. Diana era una bimba non voluta, addirittura la donna che l’ha messa al mondo, sostiene di non essersi accorta di essere incinta. Certo che definirla pazza è un’offesa per pazzi. Diana nei fine settimana rimaneva da sola, spesso, mi sa che la sedava. Questa volta ha esagerato con le benzodiazepine, Diana è morta poco dopo. Tra pannolini sporchi, insetti, un biberon di latte. È morta da sola. Tante donne avrebbero voluto essere madri. Tante donne si staranno chiedendo, perché? Un perché non c’è , e non ci sarà mai. Diana 16 mesi , è nata nel posto sbagliato, uccisa da una madre senza scrupoli. Ora è con gli angeli, i quali di sicuro si prenderanno cura di lei. Ciao piccolina”.
Alessia Pifferi, analisi sulle chat per ricostruire la sua personalità e risalire al padre biologico della piccola Diana
di
Ilaria Carra
,
Luca De Vito
Un testo che tocca le corde dolorose della maternità mancata, dei bambini, dell’assenza, certo. Ma con una bugia enorme alla base: quella foto non è di Diana, quella bambina non è Diana. A scoprirlo è sempre qualcuno su Facebook. Patrizia Demuru scrive: “C’è chi sta facendo passare questa foto per una foto di Diana, la bimba di 18 mesi morta in questi giorni, giusto per racimolare qualche like e marciare sopra questa disgrazia. Mi fate schifo quasi quanto la madre”. La signora fotografa, per provare quello che dice, una pagina di ricerche su Google. Cercando le parole chiave “cute baby smile gif”, ecco venire fuori quella foto, che poi è un brevissimo video, di una bambina che ride appunto, creato e postato su piattaforme di condivisione di gif almeno nel 2019, quando Diana non era ancora nata.
Chi ha condiviso per primo quel post ha già iniziato la marcia indietro, sostituendo la foto con un’altra, una bambina di spalle, e specificando che “non è Diana”. Ma allora se non lo era neanche la prima, che senso ha avuto utilizzare una foto fake?