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Sofia Goggia, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Pechino, non avrebbe potuto neanche guardarli gli sci se non avesse sistemato prima il suo grave problema al ginocchio sinistro. E Lorella Cuccarini non avrebbe potuto raccontare a Starbene come a 56 anni riesce ancora a fare la showgirl e ad allenarsi nonostante lo stato della sua cartilagine, dopo decenni di performance da Formula Uno dello spettacolo.
Ma anche noi, comuni mortali alle prese con i dolori e le limitazioni fisiche legate all’usura di questo tessuto ammortizzatore cruciale per il ginocchio, possiamo diventare campioni di prevenzione, evitando il peggio, sconfiggendo il dolore e recuperando, dove necessario, mobilità e benessere articolare. Come? Ce lo spiegano due esperti: il dottor Stefano Respizzi, direttore del Dipartimento di riabilitazione e recupero funzionale di Humanitas e la professoressa Elizaveta Kon, presidente della Società internazionale di riparazione della cartilagine.
Il check di famiglia
La maggior parte di noi ha un’usura importante delle cartilagini del ginocchio, ma ci sono persone che più di altre sviluppano problemi di questo tipo: «Non si tratta di una vera e propria ereditarietà, ma se si viene da una famiglia dove l’artrosi del ginocchio, cioè la malattia che prima danneggia la cartilagine e poi l’osso dell’articolazione ha colpito più componenti, molto probabilmente avremo problemi in futuro anche noi, non importa se adesso non abbiamo disturbi», spiega il dottor Respizzi.
«Dobbiamo quindi attuare una prevenzione precoce e, prima che arrivi il dolore (il primo segnale di usura), fare in modo di non sovraccaricare le cartilagini. L’errore più grosso che possiamo fare è invece stare fermi: l’articolazione è nata per muoversi e per essere sottoposta al carico giusto, e anche le cartilagini hanno bisogno di una sollecitazione meccanica. Quindi, nei casi in cui abbiamo genitori che hanno avuto questi problemi consiglio una visita ortopedica e fisiatrica prima dei cinquant’anni: trovare il giusto equilibrio fra sollecitazione ideale e sovraccarico è compito dello specialista».
Scelte su misura
La medicina riabilitativa deve quindi provare a correggere l’appoggio posturale del paziente e il suo modo di muoversi nello spazio. «Occorre lavorare su postura e muscolatura per far funzionare al meglio l’articolazione e ritardare al massimo l’usura della cartilagine», spiega Respizzi. «Per esempio, se ho il ginocchio varo, che cioè piega verso l’interno, correggerò la distribuzione del carico con dei plantari su misura. Oppure opterò per dei tutori come le ginocchiere, che supportino il movimento corretto. Aggiungeremo poi esercizi specifici che rinforzano la muscolatura e agiscono sul ginocchio: hanno lo scopo di migliorare la funzione di stabilizzazione dinamica del muscolo rispetto a quella statica, che invece è la funzione principe dei legamenti».
La visita con lo specialista servirà anche a discernere fra attività fisica controindicata e quella ideale. Per esempio, Lorella Cuccarini ha sostituito la tanto amata corsa con la camminata veloce e altre attività non a forte impatto e carico sulle articolazioni. «Ha fatto benissimo», commenta Respizzi. «Potrebbe anche puntare sul nordic walking, la camminata a passo veloce con l’ausilio di bastoncini. Bicicletta, sci (anche di fondo, il vantaggio sta nello scivolare), nuoto sono perfetti: no alla corda, ai saltelli prolungati e a sport come il tennis, anche se qualche partita sul morbido è concessa. Muoversi rimane obbligatorio sempre». «I problemi di cartilagine sono aumentati anche perché è scoppiata proprio la moda di mettersi a correre dopo una certa età e senza regole, all’insegna del fai da te», aggiunge la professoressa Elizaveta Kon. «Persone non allenate che si mettono a macinare chilometri magari in un bellissimo parco ma con un suolo e scarpe non adatte possono, come minimo, accelerare l’usura dei tessuti del ginocchio. Invece, abbinare una ginnastica specifica all’attività fisica giusta è addirittura terapeutico».
I condroprotettori
Le aziende che si occupano di integrazione in questo campo sono circa 400: questo ci fa capire quanto sia diffuso il problema. «Ma le sostanze che la scienza ha promosso come efficaci nel ritardare (e non riparare) l’usura delle cartilagini sono tre: l’acido ialuronico, la condroitina e la glucosamina», sottolinea il dottor Respizzi. «Sono i cosiddetti condroprotettori, ideali soprattutto nell’artrosi precoce giovanile. Non hanno effetti collaterali e funzionano, a patto che siano assunti in cicli ripetuti di due mesi (con pausa di uno) e per lungo tempo (anche anni). Inoltre il dosaggio deve essere farmacologico (sono infatti integratori in forma di medicinali da banco): per esempio 1200 mg di condroitina al giorno, ma variano a seconda del paziente. È per questo che li deve prescrivere lo specialista e non vanno acquistati da soli, men che meno sul web. Infine, se utilizzati troppo tardi non hanno efficacia».
Iniezioni e biotecnologia
Se il gioco si fa duro però deve entrare in campo la cosiddetta chirurgia infiltrativa e conservativa, per allontanare il più possibile la protesizzazione. «Si parte con il cosiddetto “olio delle articolazioni”, cioè l’acido ialuronico, un lubrificante naturale prodotto dall’articolazione (che se ha problemi ne crea meno) e che, nella sua versione di sintesi, può essere iniettato per via intrarticolare», spiega la professoressa Kon. «Rispetto ai condroprotettori lubrifica il ginocchio e migliora la situazione generale. Se vi si ricorre agli stadi iniziali è efficace».
Ma l’acido ialuronico è solo il primo step. «Si possono iniettare anche dei fattori di crescita (il Prp, un concentrato di piastrine), delle cellule staminali, cioè un gel di piastrine dello stesso paziente che favorisce la riparazione dei tessuti e ristabilisce la cosiddetta “omeostasi articolare”, cioè una situazione di normalità del ginocchio. Sono questi tutti metodi che permettono di stare bene in fretta e procrastinare il peggioramento della malattia. Detto ciò, l’acqua santa in questo campo non esiste, e da sole le punture non bastano. Per avere dei risultati bisogna abbinare il giusto esercizio fisico e uno stile di vita sano». Il che vuol dire anche un peso corretto.
L’ultima spiaggia: le nuove protesi “intelligenti”
In questo campo gli esperti del settore hanno cambiato totalmente approccio negli ultimi anni. «Siamo passati da una propensione eccessiva alla chirurgia precoce, della serie si toglie il menisco come si toglieva una volta l’appendice, al risparmiare il più possibile l’articolazione anche dopo i cinquant’anni», dice Kon. «Si è davvero operato troppo in passato, e si sono effettuati interventi invasivi sul ginocchio che hanno fatto precipitare situazioni precarie invece di risolverle, o che non sono stati così decisivi per il paziente, che poi si è ritrovato di nuovo col dolore. Detto questo la protesi è necessaria nelle artrosi gravi, dove la cartilagine è sparita e siamo osso contro osso. Oggi l’ultima frontiera sono le protesi “intelligenti” su misura realizzate con le stampanti 3D e studiando non solo l’anatomia della persona, ma anche la cinematica, il suo movimento: l’obiettivo è ottenere risultati a lungo termine (le protesi non sono eterne), abbattere le degenze (oggi è di 5 giorni più 7 di fisioterapia) e il disagio postoperatorio, diminuendo anche il tempo necessario a raggiungere il benessere (5-6 mesi se tutto va bene)».
L’iniezione “fredda” che dà sollievo per un anno
Il dolore è il problema numero uno di chi ha la cartilagine del ginocchio in sofferenza: è quello che porta a farsi vedere dall’ortopedico la prima volta e che conduce, nei casi più gravi, alla chirurgia. La crioanalgesia, tecnica ospedaliera consolidata clinicamente ma ancora poco conosciuta, risolve oggi anche situazioni molto dolorose. «Si tratta di un’applicazione fatta in tre punti del ginocchio», spiega Giuliano De Carolis, anestesista a Pisa e presidente della Società italiana che raggruppa i clinici del dolore (Federdolore-SICD).
«L’ago, sottilissimo, è collegato a una macchina che produce azoto liquido. In anestesia locale si introduce l’ago sul bersaglio e successivamente sulla sua punta si forma una pallina di ghiaccio di un centimetro (la punta dell’ago raggiunge i meno 78 °C) che si scioglie immediatamente, ma addormenta le terminazioni nervose che trasmettono il segnale del dolore dal ginocchio al cervello, inibendolo per molto tempo, da otto mesi a un anno». I candidati ideali alla crioanalgesia, che si fa in day surgery (alla sera si torna a casa) ed è a carico del SSN, sono coloro che devono rimandare il più possibile la chirurgia, che non la possono fare (anziani con problemi per l’anestesia) o che, pur avendo inserito una protesi, hanno ancora dolore. La tecnica si esegue in Centri di riferimento superspecializzati (potete trovare il vostro consultando federdolore-sicd.it).
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