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CATANIA — «C’è il concreto rischio che Martina Patti possa reiterare il reato». Ovvero, uccidere ancora. C’è il rischio che possa inquinare le prove e che possa fuggire. In quindici pagine, la giudice delle indagini preliminari Daniela Monaco Crea spiega perché la madre accusata dell’omicidio della figlia, Elena Del Pozzo, debba restare in carcere. «Ci siamo trovati di fronte a una persona con una freddezza spaventosa», spiega il presidente dei Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, che ripercorre questo caso drammatico valutato dalla giudice del suo ufficio: «L’indagata è apparsa assolutamente lucida. Durante l’interrogatorio non ha manifestato alcun segno di pentimento o di dolore, come se avesse rubato un chilo di arance al supermercato».
Una freddezza che ha portato Martina Patti a sferrare più di 11 coltellate contro la figlioletta, lunedì, a Mascalucia. «Un solo colpo è stato letale — spiega il procuratore Carmelo Zuccaro — perché ha reciso i vasi dell’arteria succlavia, ma la morte non è stata immediata». La lunga agonia di Elena, aveva appena 4 anni. «Il decesso è intervenuto dopo più di un’ora dal pasto che la bimba aveva consumato a scuola intorno alle 13», spiega ancora il procuratore.
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La mamma è andata a prenderla all’asilo intorno alle 13,30. «Tornate a casa — ha ribadito la donna nell’interrogatorio davanti al gip — Elena ha voluto mangiare un budino, poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo». All’improvviso, la madre ha detto alla bambina che sarebbero andate a fare una passeggiata nel campo poco distante. Il presidente dei Gip Nunzio Salpietro torna a parlare di «freddezza»: «Ha saputo pianificare e depistare». Nel suo provvedimento, la giudice ripercorre i momenti drammatici del delitto: Martina Patti ha messo in auto una zappa con cui coprire il corpicino martoriato. E si è portata dietro dei sacchi neri in cui ha chiuso il cadavere. Prima, però, ha sfilato i pantaloni della bimba, come a voler lanciare un depistaggio in caso di ritrovamento del corpo e far pensare all’opera di un maniaco. Due ore dopo, ha chiamato l’ex convivente dicendo che la bambina era stata aggredita da tre uomini incappucciati, «uno armato di pistola».
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Cosa c’è davvero dietro la «freddezza spaventosa» di Martina Patti? Solo un atteggiamento che denota un profondo malessere che nessuno ha saputo cogliere, o il mistero di complicità ancora non scoperte? Carmelo Zuccaro dice: «Il gip ha accolto la nostra ricostruzione, ma anche i nostri dubbi sulle parti ancora oscure». Il procuratore, com’è nel suo stile, non vuole entrare nei dettagli delle indagini ancora in corso, ma richiama i «molto non ricordo» dei due interrogatori della madre e la sua «forte tendenza alla menzogna». I «non ricordo» sul momento in cui ha deciso di andare nel campo. Sul coltello, sugli attimi drammatici, sulla fuga.
Ieri pomeriggio, i carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche sono tornati nell’abitazione di Martina Patti e nel campo. Alla ricerca del coltello e di altre tracce. Per perlustrare la zona, sono stati utilizzati anche due droni.
«Questa drammatica storia deve interrogarci tutti», dice ancora il presidente Sarpietro, fra una settimana andrà in pensione dopo 44 anni di servizio in magistratura. «Bisognerebbe interrogarsi su cosa sono la solitudine e le incomprensioni in questo momento così particolare che viviamo. Credo che oggi si stia perdendo anche il senso della famiglia». Ma com’è stato possibile arrivare a tanta violenza nei confronti di una bambina di 4 anni? L’anziano giudice fa una pausa e dice: «È come se la madre avesse avuto un’enorme gelosia nei confronti della nuova compagna dell’ex convivente. Una freddezza davvero spaventosa».
Mercoledì, alle 17, l’arcivescovo Luigi Renna celebrerà nel duomo di Catania il funerale della piccola Elena. «Quel giorno, sarà gioiosa e sorridente come sempre», sussurra Martina Del Pozzo, che ieri ha comprato un vestito bianco per la nipotina. E una coroncina di rose.