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“Le spaventose siccità che in queste settimane flagellano gran parte dell’emisfero settentrionale non sono altro che l’ennesima prova dei danni, forse irreparabili, provocati dai cambiamenti climatici causati a loro volta dall’uomo. Con un’aggravante: il susseguirsi a distanza così ravvicinata di crisi altrettanto gravi come la pandemia e la guerra, ha distratto fondi e attenzione da questo problema, ricacciando indietro di molti anni la ricerca di una soluzione”. Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, compirà 82 anni la settimana prossima, ma non si stanca di girare il mondo per propugnare il suo modello di sviluppo “che è molto diverso da quello corrente”, puntualizza. Ieri è intervenuto via Zoom alla Summer School dell’Istituto Iseo, accolto entusiasticamente da centinaia di studenti, ma la settimana prima era in presenza al Festival dell’Economia di Torino, e sempre a Torino presiederà il Global social business il 7 e 8 novembre. Con la sua Grameen Bank, regina del microcredito per piccoli e piccolissimi imprenditori, apre sempre nuovi filiali in ogni continente: “Abbiamo addirittura cominciato a operare in alcuni stati degli Usa”.
In cosa è diverso il suo modello di sviluppo da quello dominante e perché diventa importante alla luce di catastrofi naturali come la siccità?
“Intanto perché mette davvero l’uomo, anzi in questo caso soprattutto la donna, visto che a beneficiare dei nostri finanziamenti sono in maggioranza donne, al centro della scena. Ma soprattutto perché cerchiamo di non subire lo strapotere dominante delle corporation industriali che sono la causa, con la loro smania di profitti al di là di ogni ragionevole limite, del malessere del pianeta. Devo ricordarle il lobbysmo sfrenato dell’industria dei combustibili fossili che tanti ritardi ha provocato per le fonti alternative? O dobbiamo parlare della potenza del settore militare in questo momento tragico in cui sta dando il peggio di sé? O delle decine di migliaia di morti che ha sulla coscienza Big Pharma?”
https://milano.repubblica.it/cronaca/2022/06/16/news/giornata_onu_contro_desertificazione_e_siccita_in_lombardia_la_situazione_e_drammatica-354215778/
Veramente ci ha tirato fuori dalla pandemia.
“Però è riuscita a schivare la questione dei brevetti, dopo che perfino Biden aveva detto che andavano rimossi subito. Solo ora è stato raggiunto un mezzo accordo al Wto, ma sono state lasciate per oltre un anno senza copertura centinaia di milioni di persone nei Paesi poveri”.
L’emergenza pandemica, per non parlare della guerra, ha tolto dal tavolo la questione ambientale?
“È passato in second’ordine il concetto di bene collettivo, qual è l’ambiente, in favore degli egoismi di pochi e della miopia di tanti. Già da prima della pandemia, stavamo andando diretti verso la fine dell’esistenza umana come non si stancavano di ripetere gli scienziati, a causa del riscaldamento globale di cui la siccità è la rappresentazione più drammaticamente grafica”.
E adesso?
“Ora che la bufera del Covid sta rallentando la spinta di tutti, è di ripristinare lo stato delle cose precedente, “go back”. Invece io dico “no going back”, non torniamo a distruggere l’aria e le altre risorse del pianeta con la stessa indifferente incoscienza, perché così la nostra specie diventa quella a maggior rischio d’estinzione. Tutti possiamo fare la nostra parte, risparmiando acqua e adottando i mille accorgimenti che ormai sappiamo. Ma dobbiamo farlo davvero”.
Come fare per ripristinare la spinta emozionale sull’ambiente?
“Dobbiamo convincerci che la pandemia ha creato un’opportunità per avviare un nuovo corso, verso un mondo a tre zeri: zero emissioni di CO2, zero povertà, zero disoccupati”.
Quale contributo date con la Grameen Bank alla soluzione della crisi climatica?
“Noi facciamo micro-finanziamenti, anche di poche decine di dollari, alla miriade di piccoli agricoltori o artigiani di decine di Paesi che con la loro cura e attenzione salvano e valorizzano piccoli terreni o attività. Non è solo un recupero culturale perché tutti sappiamo che la siccità è causata anche dall’abbandono delle campagne e dei terreni collinari a monte, che invece tornano a nuova vita. Questo si aggiunge all’aiuto economico che ha riscattato tantissime persone dalla povertà a partire del mio Paese: vede, quando rientrai a Chittagong (la seconda città del Bangladesh dopo la capitale Dacca, ndr) dopo il PhD in economia in America, ebbi un contatto con la povertà che non si alimentava di impegno politico o di ricerca: semplicemente non potevo non vederla tanto mi circondava”.