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Epatite acuta indeterminata: cos’è, quali sono i sintomi e come si tratta

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Solo rarissimi casi diventano severi al punto da richiedere un trapianto di fegato, mentre nella maggior parte dei casi l’epatite acuta regredisce spontaneamente e non lascia alcun strascico

Preoccupa l’epidemia di epatite acuta nei bambini, la cui origine rimane al momento sconosciuta. Se la maggior parte delle segnalazioni è avvenuta nel Regno Unito, sono stati riscontrati dei casi anche in altri Paesi, Italia compresa.

«Quando si parla di epatite acuta, si fa riferimento a una generica infiammazione del fegato, di nuova insorgenza e quindi slegata da una patologia cronica sottostante», spiega il dottor Lorenzo D’Antiga, direttore del centro di Epatologia, gastroenterologia e trapianti pediatrici dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Sia nei bambini sia negli adulti, la causa più comune è una banale infezione, dovuta per esempio a una gastroenterite virale oppure all’influenza stagionale».

Infatti, non è così raro che il fegato si “infiammi” quando l’organismo sta combattendo un’altra malattia: un esame del sangue fatto in quel periodo potrebbe rivelare un aumento delle transaminasi (AST, ALT), cioè di quegli enzimi che rappresentano i principali indici di funzionalità epatica.

Che cos’è l’epatite acuta

Il fegato è la ghiandola più grande del corpo umano ed è strettamente coinvolto in ogni processo vitale dell’organismo: «Una comune causa di infezione o infiammazione del corpo può finire per coinvolgere anche questo organo: a quel punto, le sue cellule possono “rompersi” e liberare le transaminasi, che entrano in circolo nel sangue, ma alla fine il fegato si rigenera e tutto torna come prima, senza che ce ne accorgiamo», tranquillizza l’esperto.

«Ciò significa che le epatiti acute, per la maggior parte, sono lievi, reversibili, regrediscono spontaneamente, non necessitano di alcun trattamento e non lasciano alcun strascico».

Quali sono i sintomi dell’epatite acuta

Nella maggior parte dei casi, l’epatite acuta è una condizione del tutto silente. Il fegato, infatti, non dà segni clinici specifici, eccetto l’ittero (ovvero la colorazione giallastra della pelle e della parte bianca degli occhi), che però si verifica soltanto quando l’infiammazione epatica è molto severa.

«Al contrario non duole, perché non ha cellule sensibili al dolore, né provoca febbre o altri sintomi», tiene a precisare il dottor D’Antiga. «Spesso, dunque, l’unica sintomatologia che accompagna l’epatite acuta è quella causata dal patogeno che l’ha scatenata, per esempio influenzale, gastrointestinale o respiratoria».

Quando l’epatite può essere fatale

In rarissimi casi, l’infezione diventa severa al punto da provocare la pressoché completa distruzione del fegato con un rapido deterioramento dell’attività di altri organi vitali: «Qui parliamo di epatite fulminante, dove vengono compromesse alcune funzioni del fegato, come quella di eliminare la bile», racconta il dottor D’Antiga.

Solo in queste situazioni occorre sottoporsi a una terapia farmacologica e, talvolta, a un trapianto dell’organo.

Da cosa dipende l’epatite acuta nei bambini

Per epatologi e pediatri, l’epatite acuta di origine sconosciuta che tanto sta preoccupando l’opinione pubblica in questi giorni non è una novità. «Da decenni facciamo i conti con la cosiddetta epatite acuta indeterminata, su cui i ricercatori di tutto il mondo hanno lavorato e stanno continuando a farlo per individuarne una causa».

Quindi, almeno per il momento, il timore è ingiustificato? «Sì, perché i numeri non sono molto diversi da quelli rilevati in precedenza. Stando all’osservatorio della Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica, che raccoglie i dati in tempo reale da tutti i centri italiani, a partire da gennaio in Italia sono stati rilevati venti casi di epatite acuta ad eziologia sconosciuta, di cui solo uno ha necessitato di un trapianto».

Secondo l’esperto, i numeri sono del tutto sovrapponibili a quelli già visti in passato, circa 1-2 casi su un milione, mentre non sembrano esserci legami con il Coronavirus: «Al massimo, potrebbe esistere un nesso con i lockdown: la maggiore permanenza in casa ha portato a una minore circolazione di alcuni virus, che poi con le riaperture hanno “recuperato” terreno. Un po’ come è avvenuto con la bronchiolite lo scorso ottobre», ricorda l’esperto.

Come si contrae e come si previene

Trattandosi di un’infiammazione di origine sconosciuta, non è possibile stabilire come si contrae né si può adottare una precisa strategia di prevenzione. Ma è contagiosa? «Sviluppare una forma grave di epatite dipende da una predisposizione individuale. Per di più, in base a quanto osservato, non si verifica tra i contatti dei bambini che si sono ammalati, per cui non possiamo parlare di contagiosità».

Eppure, dopo aver vissuto la pandemia da Covid, è piuttosto facile lasciarsi prendere dall’ansia. «In realtà, lo scorso anno, abbiamo pubblicato un articolo su Digestive and Liver Disease, una rivista scientifica di riferimento anche per l’Associazione italiana studio del fegato (www.webaisf.org), dove è stata riportata una grande casistica di questa malattia, che conosciamo bene e quindi non deve destare preoccupazione, perché l’andamento rimane invariato», conclude l’esperto.

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