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Equità, partecipazione, autonomia, interculturalità, risorse, emancipazione, professionalità. Sette parole “sporgenti” per definire la scuola secondo il Pd.
“Sporgente”, per il vocabolario Treccani, serve per indicare qualcosa che “aggetta in fuori”, proiettato verso qualcosa o qualcuno. Elly Schlein lo utilizza per descrivere la proposta dem sulla scuola, fondata, appunto, su sette “parole sporgenti” per cambiare il paradigma del mondo scolastico e “richiamare tutti a una comune responsabilità”.
“Appunti per la scuola di oggi e domani”
Nella Sala Sassoli del Nazareno, la leader del Pd ha chiamato a raccolta sigle sindacali, docenti e dirigenti scolastici per illustrare la proposta “Appunti per la scuola di oggi e di domani. Per una pedagogia politica, una conoscenza diffusa, una proposta condivisa”.
La proposta, sottolineano Schlein e la responsabile Scuola Irene Manzi, è un “cantiere aperto: vogliamo sollecitare nella società una responsabilità rinnovata con ‘parole sporgenti’, che vengono avanti, si manifestano e delineano una rotta”. Parole d’ordine che escono dalla scuola e si rivolgono alle istituzioni, ai corpi intermedi e alla società.
“L’equità”: la rimozione degli ostacoli
La prima è “equità” intesa come “rimozione degli ostacoli, contrasto alla povertà educativa” assieme alla “promozione dei talenti sin dalla più tenera età con la costruzione del sistema integrato da 0 a 6 anni”. Quindi, “tempo pieno ed attività estive certe, gratuite e strutturate per tutti e tutte coloro che lo richiedono”. Necessario, inoltre, garantire su tutto il territorio nazionale “la presenza dei nidi e la loro progressiva gratuità”. E ancora: “Diffondere e sviluppare un modello di scuola capace di dare a tutti e a ciascuno gli strumenti socio-cognitivi, affettivi, relazionali per sviluppare le proprie potenzialità, conoscere il mondo e dare il proprio contributo alla società, a prescindere dalla propria provenienza geografica, socio-economica e culturale; superare linguaggi e ragionamenti portatori di stereotipi abilisti, lavorare per una reale integrazione e convivenza, contrastando, nello stesso tempo, qualunque visione solo burocratica della presa in carico di alunni ed alunne diversamente abili”.
“La partecipazione”: forme e funzioni degli organismi collegiali
La seconda parola sporgente è “partecipazione”. Dunque “ripensare le forme e le funzioni degli organismi collegiali” immaginando “percorsi nuovi per dare valore e vigore alla partecipazione” e alla “coprogettazione nella scuola e nel suo rapporto con il territorio, sia nelle scelte organizzative sia nella didattica”. In altre parole, per il Pd, “studenti e studentesse vanno coinvolti nei processi di apprendimento, nella gestione sociale della scuola, devono veder riconosciuti spazi di parola, di responsabilità, di decisione”.
“L’autonomia”: i patti territoriali
“Autonomia” è la terza parola da tradurre in “patti territoriali”, intesi come “collaborazione tra associazioni, istituzioni, terzo settore per implementare le possibilità e le opportunità dell’istruzione” attraverso “risorse economiche, personale formato, figure professionali che affianchino i docenti”.
“L’interculturalità”: l’educazione alle differenze
La quarta parola è “interculturalità”, intesa come “educazione alle differenze. Ogni persona – viene spiegato nella proposta – è un soggetto unico e multidimensionale e ciascuno è attraversato da varie e mutevoli appartenenze: sesso, genere, provenienza geografica ed etnica, orientamento sessuale e affettivo, religione, disabilità, neurodivergenze, età in perpetuo divenire”.
“Le risorse”: gli investimenti sull’ambiente di apprendimento
Quinta parola: “risorse”. E cioè “investire sugli edifici, sulla loro bellezza e funzionalità affinché diventino ambienti di apprendimento sostenibili, accessibili, adatti a pedagogie diverse e a diverse esigenze formative”. Ma anche risorse per “garantire un tempo pieno diffuso” e “per un effettivo diritto allo studio (gratuità libri di testo, trasporti, mense)”. Ancora: “Risorse economiche adeguate per l’allineamento delle retribuzioni dei docenti alla media europea”.
“L’emancipazione”: cogliere connessioni
La sesta parola sporgente è “emancipazione”, intesa come la “capacità di osservare, cogliere connessioni, interdipendenze, di valutare e criticare, anche nei termini della critica sociale”. Sulla didattica questo significa “una pedagogia differenziata capace di rispondere ai bisogni formativi e ai tempi individuali all’interno di una classe che si fa comunità di apprendimento”. Nella prospettiva dell’emancipazione, “la valutazione degli apprendimenti, almeno nella scuola dell’obbligo (che dovrebbe essere in prospettiva estesa al diciottesimo anno) deve essere sottratta ad una funzione selettiva per diventare elemento ineliminabile per l’autoregolazione del processo di insegnamento e di apprendimento comprendendo l’autovalutazione sia dell’insegnante che dello studente”.
L’ultima parola sporgente è “professionalità”. Il contrasto alla precarietà passa da due fattori essenziali: “Retribuzione economica e sociale e formazione iniziale e permanente”.