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Stefano Fassina, economista di sinistra ed esponente di Liberi e Uguali, parla di “frattura sciagurata” tra Pd e 5 stelle e in un post su fb annuncia di non volersi ricandidare. Troppo grande la delusione per l'”irreversibile” chiusura tra i due mondi che dovevano costituire il campo largo? “Sono deluso e molto preoccupato per le prospettive del lavoro e della conversione ecologica. Siamo di fronte a un doppio errore: il Partito democratico erge Draghi a discriminante di fase, spostandosi verso un impianto liberal-liberista; i 5 stelle sono sollevati per il ritorno “ai soli contro tutti”, sollievo di cui sono abbastanza sorpreso”.
Per questo non si ricandida?“La mia candidatura alimenterebbe la frattura, mentre io negli ultimi tre anni ho lavorato per un’alleanza progressista e per le riforme. Inoltre si mettono a rischio le alleanze sui territori che fatalmente usciranno a pezzi dopo due mesi di campagna elettorale contrapposta. Non mi associo a questa deriva”.
Di chi è la responsabilità? Chi non ha fatto il passo verso l’altro, Letta o Conte?“La responsabilità è di entrambi, perché la posta in gioco era troppo alta. Ho aspettato la direzione Pd di ieri e le reazioni cinquestelle poi ho deciso. Ho trovato la scelta incomprensibile”.
Per come è caduto il governo Draghi, il Pd aveva una strada percorribile?“In termini di alleanza tecnica, c’erano i margini per l’apertura che è stata data verso il centro. Ripeto, in una dinamica che se si consolida vuol dire chiudere a riforme per il lavoro e per l’ambiente in termini sociali”.
Lei ha dichiarato che rivede l’errore del 2012 con l’appiattimento del Pd sull’agenda Monti. Ora, il Pd di Letta sarebbe schiacciato su Draghi. Ma le due agende sono realmente sovrapponibili? Non scorge nemmeno una differenza?“Certo, distinguo se ne possono fare. Le fasi economiche erano diverse. Monti doveva tagliare e l’ha fatto in maniera brutale. Draghi poteva farlo e ha speso, ma il suo – prendiamo il ddl concorrenza – è un programma astratto di riforme di impianto liberista fallito clamorosamente ovunque negli ultimi anni, che si cala su una realtà che invece avrebbe bisogno di interventi sociali. Un programma che ci allontana dalle periferie e dalle fasce di popolo che quest’alleanza progressista dovrebbe rappresentare”.
Draghi non può essere il faro dei progressisti?“Draghi ha fatto il presidente del Consiglio di un governo di emergenza nazionale, con quasi tutte le forze politiche dentro, che per definizione non poteva essere progressista. Per questo trovo surreale assumere l’ex presidente Bce a discriminante di fase”.
Pierluigi Bersani ha criticato le “fatwa” verso i 5 stelle di cui il campo progressista si “potrebbe pentire”.“Sono d’accordo con Bersani, uno dei pochi lucidi in questa fase. Non a caso nel post ho parlato di cieca baldanza”.
Letta e Conte sono stati ciechi e baldanti?“Lo sono stati tutti i protagonisti di questa vicenda”.
Non ha fallito anche la sinistra cercando di mediare tra i due mondi facendo emergere i temi a lei cari?“Sicuramente il fatto che alcuni di noi si siano schiacciati sul Pd non ha aiutato. Dal 26 settembre, dopo le elezioni, faremo l’analisi e avvieremo una riflessione”.
Intanto lei si tira fuori.“No, non vado a casa. Farò campagna elettorale mettendo a disposizione la mia scuola politica che partirà a settembre e il mio prossimo libro ‘Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica’”.