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Fece il saluto romano in consiglio comunale, ma per i giudici di Verona il fatto non sussiste. Assolto Andrea Bacciga

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Fare il saluto romano in aula durante il consiglio comunale? “Il fatto non sussiste”. E così la toga nera veronese Andrea Bacciga, noto per le sue simpatie neofasciste, è stato assolto. Secondo i giudici del tribunale di Verona non è colpevole per quel braccio destro teso rivolto alle femministe di Non Una di Meno presenti nel loggione di sala Gozzi a palazzo Barbieri, sede del Comune di Verona: era il 26 luglio 2018. Quella sera si votavano due mozioni della Lega volte a dare spazio alle associazioni cattoliche per contrastare l’aborto libero. Da qui, il “presidio” immobile delle attiviste. Alle quali Bacciga – allora consigliere comunale della Lista Battiti del l’ex sindaco Federico Sboarina – decise di indirizzare il saluto fascista.

Accusato di violazione dell’articolo 5 della legge Scelba che punisce chiunque “compie manifestazione usuali del disciolto partito fascista ovvero organizzazioni nazifasciste”, quattro anni dopo, il capitolo giudiziario per Bacciga si è chiuso. Tra le polemiche. La sentenza che stabilisce l’insussistenza del fatto ha amareggiato le parti civili che avevano presentato esposti sulla vicenda portando all’apertura del procedimento: Aned (Associazione nazionale ex deportati) e Anpi.

Quattro mesi di condanna e 500 euro di multa: era la pena chiesta, al termine della requisitoria, dal procuratore aggiunto Bruno Bruni. Ma il collegio ha accolto la richiesta di assoluzione avanzata dai legali di Bacciga (il collega di studio Roberto Bussinello, responsabile in Veneto di CasaPound, ammiratore del duce e di gerarchi nazisti in primis Erich Priebke, figlio politico di Nicola Pasetto, violento leader del Fronte della Gioventù veronese ribattezzato “il deputato picchiatore”) e Irene Dal Fior.

“Si è cercato di introdurre la Mancino in questo processo sostenendo che il gesto è stato fatto in riferimento a una delibera che andava a discriminare le donne”, hanno sostenuto in aula i difensori di Bacciga. “Diverso se fosse stato fatto durante una discussione sui campi rom piuttosto che riferito agli immigrati ma qui la discriminazione punita dalla Mancino non c’entra”. I legali sono riusciti a convincere i giudici ricordando, ancora, che che Lidia Poët, la prima donna laureata in Giurisprudenza a fine Ottocento, ottenne l’iscrizione all’Albo degli avvocati nel 1922, e sostenendo: “Si discute di un gesto considerato come evocativo del disciolto partito fascista che discriminava le donne? Se il teste dell’accusa ha parlato di goliardia circa il comportamento delle ancelle all’esterno allora anche questo gesto, se è stato fatto, è goliardia, una presa in giro perché tutto termina con un ‘ciao ciao'”.

C’era attesa a Verona per la lettura della sentenza e per la conclusione di un processo che, in qualche modo, riguardava quella “Verona nera” di cui Andrea Bacciga – prima lista Battiti, poi passato alla Lega, vicino al gruppo di ispirazione neonazista Fortezza Europa – è uno dei protagonisti e animatori. Un processo la cui valenza era – diciamo- anche politica. “Le sentenze non si discutono e aspettiamo di leggere le motivazioni che hanno spinto la Corte a dichiarare che il saluto romano che tanti testimoni hanno visto non c’è stato o non è stata apologia del fascismo – dicono gli avvocati di Aned e Anpi, Federica Panizzo e Emilio Ricci – . Ma non possiamo non meravigliarci per la continua sottovalutazione di gesti, parole, simboli che giorno per giorno richiamano e hanno riportato in auge emblemi e modi del fascismo. E che, ancora, noi abbiamo avuto la temerarietà di pensare che possa essere la Magistratura a rimettere le cose a posto, e non la cultura e la politica da fare ogni giorno in ogni campo, per ricordare ai tanti nostri concittadini smemorati che cosa abbia rappresentato per il nostro Paese e per le donne in particolare il ventennio fascista e che cosa siano stati i fascismi in troppi Paesi del mondo”.

Per i rappresentanti di Aned e Anpi “vedere ‘sdoganato’ il saluto romano (ancor più grave in quanto fatto in un Aula delle istituzioni democratiche nate dalla Resistenza) a semplice indirizzo di saluto togliendogli quella carica evocativa dell’ingiustizia, della violenza, della arbitrio che hanno contraddistinto il regime di cui questo saluto era emblema, riporta alla memoria Primo Levi: “Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte… Iniziò con i politici che dividevano le persone tra ‘noi’ e ‘loro’. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione… Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse ‘normale'”. L’amara conclusione: “Non vorremmo mai dover dire un giorno che iniziò con un saluto romano non visto e, se visto, tollerato, banalizzato, sottovalutato”. C’è un fresco precedente giudiziario a Verona. “Poco più di un mese fa Luca Castellini, capo ultrà pluridaspato dell’Hellas Verona e vicesegretario nazionale di Forza Nuova, è stato assolto ‘perché il fatto non costituisce reato’ per una dedica ad Adolf Hitler durante la festa pubblica dei tifosi della curva sud dell’Hellas. Era luglio 2017. Sul palco allestito allo stadio Bentegodi Castellini aveva inneggiato a Hitler per scatenare i cori degli ultrà (“chi paga la festa, chi ha permesso tutto questo è Adolf Hitler”). Finito a processo, per il capo forzanovista il pm aveva chiesto 6 mesi di reclusione: ma i giudici lo hanno assolto.

Torniamo ad Andrea Bacciga (con Castellini sono amici). Da sempre vicino all’ex sindaco Sboarina, quando nel 2017 entra in consiglio comunale esordisce opponendosi strenuamente alla mozione presentata in aula per condannare, appunto, i cori pro Hitler e gerarchi nazisti scanditi dagli ultrà dell’Hellas. Poi, la donazione alla biblioteca civica comunale di una quindicina di libri “non conformi” e revisionisti contro il “pensiero unico”. È sempre lui, Bacciga, a proporre l’acquisto da parte dell’amministrazione di un fumetto da distribuire a biblioteche e scuole superiori sulla storia di Sergio Ramelli. Iniziative che gli valgono la delega alla cultura (poi diventerà responsabile Sicurezza). Nel 2019, in un quartiere e in una sala blindata da decine di poliziotti e carabinieri, l’avvocato neofascista si presenta alla presentazione del libro “Nazitalia” per protestare insieme a un centinaio di ultrà neri, militanti di Forza Nuova e tifosi dell’Hellas che all’esterno della sala scandiscono cori (Luca Castellini aveva mobilitato i camerati per cercare di “impedire anche fisicamente” la presentazione del volume). Bacciga entra in sala e cerca di provocare il pubblico durante un intervento dell’ex procuratore capo di Verona Guido Papalia. I suoi sodali restano fuori con il braccio destro teso. Quel saluto tanto caro a Bacciga. Che, davanti alle critiche, durante il processo per la vicenda Non Una di Meno, sostenne: “Il saluto romano prevede il braccio alzato di 135 gradi, io ho alzato il braccio destro a circa 120. Dunque non c’è saluto per 15 gradi”. Goliardia? No. E i giudici, evidentemente, devono avergli creduto.

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