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Femminicidio di Nicoleta Rotaru, il marito che ha simulato il suicidio voleva cancellarla: tutti i no, da quello politico a quello affettivo, di un uomo ossessionato

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Se esistesse una classifica del male che porta il nome di femminicidio, quello che ha coltivato Erik Zorzi, l’uomo che a distanza di sei mesi, a marzo (ma si è saputo soltanto adesso) è stato arrestato per omicidio aggravato dopo aver inscenato il suicidio della moglie Nicoleta Rotaru, la 37enne di Abano Terme che ha registrato col cellulare la sua morte, sarebbe ai primi posti. Perché la verità dell’ennesima morte in nome di un amore inesistente che è solo ossessione, sta emergendo come scene di un film al rallentatore. E quello che viene a galla è l’inequivocabile tentativo di cancellare Nicoleta da tutto e tutti per poterla definire solo e soltanto sua.

Il lavoro negato

L’annientamento di Nicoleta è durato15 anni, tanti sono gli anni che la donna, di origini moldave, ha trascorso a difendersi da lui. Laureata in lingue e col sogno di iscriversi all’università di Padova, alla facoltà di Giurisprudenza, ha dovuto rinunciare perché Zorzi le impediva a forza di grida e minacce di farlo. Proprio come quella volta in cui lei era andata, nel 2009, a un colloquio di lavoro e aveva spento il telefono. Dopo le violenze fuggì in Spagna ma lui la raggiunse e, minacciando ritorsioni sulle figlie, la obbligò a tornare.

La carriera politica

A ricordare come Erik ha schiacciato Nicoletta anche nella sua dimensione politica è Michele Di Bari, fondatore, nel 2017 per le elezioni comunali, della lista CambiAbano. “Avevamo capito che lui la controllava e che era violento, ma non avremmo mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto”, ha dichiarato sconvolto Di Bari al Corriere Veneto. “Ricordo che al termine di una riunione lui si presentò e stringendomi forte la mano e guardandomi negli occhi disse: ‘Spero che quello che fate conduca da qualche parte, perché Nicoleta passa molte ore fuori casa’. Era la prima volta che lo vedevo, avevo capito subito che non era molto contento dell’impegno della moglie”, spiega. “Gli risposi che, come poteva vedere, eravamo tutti lì in un luogo pubblico a impegnarci in quello che credevamo”.

Via le foto dai social

Non solo il tentativo di farle terra bruciata in ambito politico, ma anche le sua dimensione sociale doveva sparite: le foto dai social network dovevano essere tolte. Prosegue Di Bari: “Un giorno Zorzi mi chiamò per dirmi di togliere le foto di sua moglie dai social, mi arrabbiai con lui e gli dissi che se voleva essere tolta dai social, lei avrebbe dovuto chiamarmi di persona. Dopo poco mi è arrivata la stessa richiesta da parte di Nicoleta: allora abbiamo cancellato tutto, non volevamo che le provocassero problemi con lui”. Poco dopo la trentasettenne ritirò la sua candidatura e chiuse la sua esperienza politica per non innescare le liti con il marito.

OSSERVATORIO FEMMINICIDI

Le lite e le chiamate ai carabinieri

Più volte i vicini di casa hanno chiamato i carabinieri per chiedere di intervenire nell’appartamento in cui l’uomo ha ucciso la moglie, malgrado fosse stato cacciato di casa. I militari lo conoscevano bene quell’indirizzo dato che erano intervenuti 7 volte lasciando traccia in sette verbali dal 16 maggio 2021 al 21 aprile 2023. Sette verbali che raccontano di violente liti sedate, prima che le autorità, su denuncia della donna, disponessero l’allontanamento del 42enne dal tetto coniugale entro il 23 marzo 2023.

La verità in nome dell’ostinazione

Sono le avvocate Roberta Cerchiaro e Tatiana Vija, che assistono la mamma Eugenia Rotaru, la sorella Inga Sibru e il nipote Nicolae Sibru, ad ostinarsi nel dare un giusto nome alla morte di Nicoleta che non poteva chiudersi come un caso di suicidio. “Mia figlia è nella mia memoria come un angelo luminoso, puro e pulito che mi ha confortato nei miei momenti difficili, mi ha sostenuto quando ero demoralizzata e sofferente e abbiamo riso fino alle lacrime quando eravamo felici”, ha detto Eugenia Rotaru. La famiglia è determinata ad avere giustizia. Come pure le amiche che erano andate dai carabinieri a dire: “Lui la picchiava, lei voleva fare testamento perché era terrorizzata che lui potesse ucciderla”.

 

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