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Fine vita, alla Camera bocciati gli emendamenti della destra e dei centristi. Ma la strada è in salita

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Avanti a piccoli passi, però la legge sul suicidio assistito schiva i colpi della destra che punta ad abbatterla. Sette voti al mattino ieri, e quattro nel pomeriggio nell’aula di Montecitorio, in cui vengono bocciati gli emendamenti di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e dei centristi per restringerne l’applicazione. E’ un ostruzionismo non dichiarato, ma che rallenta il percorso parlamentare. Il fronte giallo-rosso tiene. Il presidente grillino della commissione Giustizia, Mario Perantoni trae le conseguenze a fine giornata: “La condivisione del testo sul fine vita regge agli attacchi delle destre: siamo soddisfatti, stiamo lavorando su una proposta molto rigorosa e restrittiva che tiene conto delle tante sensibilità, però consente in determinate circostanze la libera scelta di una fine dignitosa”.  

Fine vita, Enrico Letta: “Il Parlamento trovi subito un punto di equilibrio, chi soffre non può aspettare”

di
Enrico Letta

20 Febbraio 2022

Ma la strada è tutta in salita. Si riprende martedì prossimo in aula, con tempi contingentati e la previsione di una accelerazione. Di questo sono convinti i relatori, il dem Alfredo Bazoli e il pentastellato Nicola Provenza. Comunque l’articolo 1 della legge sul suicidio assistito è rimasto per ora invariato rispetto al testo votato nelle commissioni. La mission della legge prevede “la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile, di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita”. Oltre cento gli altri scogli da superare, quanti sono gli emendamenti presentati. Bazoli osserva: “Stiamo cercando di disciplinare qualcosa che c’è già nel nostro ordinamento, perché la sentenza della Consulta ha già stabilito che a certe condizioni, non è illecito l’aiuto al suicidio delle persone che si trovano in certe e particolari condizioni”. Infatti una sentenza del 2019 della Corte costituzionale ha chiesto al Parlamento di colmare il vuoto normativo, dopo essersi pronunciata sul caso di Marco Cappato, processato e poi assolto per avere aiutato Dj Fabo a morire. 

In otto articoli la legge sana il ritardo e l’incapacità della politica italiana di affrontare il fine vita. Conflitti, lacerazioni, la memoria delle dolorosissime vicende di Piergiorgio Welby, di Eluana Englaro, oltre che di Dj Fabo, e oggi la scelta di Mario, l’uomo tetraplegico che ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di porre fine alla propria sofferenza, tutto questo è approdato in Parlamento. Il governo si è rimesso all’aula. Tuttavia il sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto, renziano, in un post su Facebook commenta: “Ho cancellato tutti i miei impegni di governo per partecipare tutto il giorno ai voti in aula, perché credo che l’approvazione di questa legge sia diventata un’urgenza”. E ricorda l’esperienza vissuta incontrando Max Fanelli, sei anni fa a Senigallia: “Avevo promesso a lui, chiuso in un corpo che non rispondeva più in alcun modo, costretto a comunicare con il movimento di un occhio, che avrei sostenuto in tutti modi questa battaglia”. Per la sinistra di Leu e soprattutto i radicali, tra cui Riccardo Magi che, con l’Associazione Luca Coscioni, aveva presentato il referendum sull’eutanasia bocciato dalla Consulta (e ieri ci sono state le motivazioni della sentenza), la legge è inadeguata e un “passo indietro”. 

Però anche le modifiche per allentare i paletti, sono state bocciate ieri. Bazoli è convinto che il testo sia il giusto punto di equilibrio: “Soprattutto sui temi bioetici il compito della politica è la mediazione, che significa che ciascuno rinuncia a qualcosa”.  

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