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“Fu lei a chiedergli di essere uccisa”: per il marito una pena più lieve

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BOLOGNA – “Voleva morire, per mesi lo ha ripetuto al marito chiedendogli di aiutarla a farla finita. Fin quando lo ha convinto. È stato omicidio, certo, ma Mauro Bergonzoni, che subito dopo ha tentato il suicidio, ha agito col consenso della vittima, anzi hanno agito assieme”. Sono le parole del pm Marco Forte pronunciate ieri nella requisitoria al processo per l’omicidio di Maria Rosa Elmi, 73 anni, assassinata il 21 agosto 2021 a Castello di Serravalle dal compagno di una vita.

Un delitto che lo stesso magistrato ha chiesto di derubricare e di punire, riconoscendo le attenuanti generiche, con una pena di 5 anni. La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Pier Luigi di Bari, ha accolto la tesi dell’accusa con la sola eccezione delle attenuanti (non riconosciute) e ha condannato il pensionato a 8 anni di reclusione. Un verdetto condiviso anche dalla figlia della coppia, Tania (rappresentata dagli avvocati Eva Biscotti e Ettoreantonio di Lustro), presente in aula: ieri, visibilmente provata, non ha voluto commentare la sentenza, ma ha comunque ringraziato il pm Forte condividendone le parole.

Maria Rosa Elmi soffriva di una forte depressione. Già nel 2019 aveva tentato di togliersi la vita ingerendo della varechina. Da quel momento la sua esistenza e quella del marito era cambiata. Lei era in cura da uno psichiatra, lui aveva smesso di dedicarsi ai suoi hobby per accudire la moglie. Al medico che l’assisteva, secondo la sua testimonianza, continuava a dire che era stanca di vivere, che non ce la faceva più. Cosa che ripeteva continuamente anche a Mauro. Un mantra, una preghiera recitata chissà quante volte. L’uomo aveva paura di lasciarla da sola per il timore che lei tentasse nuovamente di uccidersi. Niente più serate al bar, niente più volontariato e basta anche alle battute di caccia di cui era appassionato.

Secondo la ricostruzione della Procura, Mauro quel giorno decise di farla finita decidendo dopo 50 anni trascorsi uno accanto all’altra. Come a dire: era giusto andarsene assieme. Quel giorno scrisse di suo pugno un messaggio alla figlia per dare una spiegazione: “Abbiamo deciso assieme di farla finita”.

Con Maria Rosa “sono andati sul greto del fiume, si sono dati un ultimo bacio – ha detto ieri mattina il pm Forte – e poi le ha sparato col fucile da caccia”. Quindi “ha rivolto l’arma contro di sé, sparandosi due colpi”. I carabinieri lo ritrovarono ancora vivo, riverso accanto alla moglie senza vita. “Maresciallo sparami, ti prego sparami tu“, disse lui al comandante della stazione dei carabinieri. Bergonzoni voleva morire, voleva seguire Maria Rosa anche nel suo ultimo viaggio, cosa che però non è riuscito a fare.

In paese quel contadino di 78 anni lo conoscono tutti. Era gentile, sempre disponibile e allegro. Da quando la moglie aveva tentato il suicidio, lui si era isolato, ritirandosi in casa per starle accanto. Lo ha detto anche lo psichiatra: “seguo tanti casi di persone depresse, ma raramente ho visto un marito o un familiare tanto attento e presente”. La figlia Tania, testimoniando a sua volta, ha sostanzialmente confermato l’opinione di quanti conoscono Mauro: “Non mi sono accorta di niente, l’unica cosa che ho notato è che a volte, pensando di non essere visto, piangeva”.

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