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Gas, sale l’allarme a Palazzo Chigi per la chiusura dei rubinetti: “Subito il tetto europeo al prezzo”

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ROMA – Un ricatto inaccettabile. Una mossa “per spaccare l’Europa”, a cui i Paesi membri si sottrarranno. Mario Draghi non ha dubbi: dividere l’Unione tra buoni e cattivi è l’obiettivo di Vladimir Putin. Lo Zar intende usare l’eccezione nella vendita del gas agli europei come mezzo di pressione indebita: chi dovesse mostrarsi troppo duro con Mosca, sollecitare nuove sanzioni o aumentare la fornitura di armi all’Ucraina, sarebbe punito con la mannaia energetica. Per questo, il premier sente prima il presidente francese Macron, poi il cancelliere tedesco Scholz. Per promettersi, al di là delle differenze che certo indeboliscono il fronte, una reazione comune. Divisi perderebbero tutti e incrinerebbero anche l’asse transatlantico. La Commissione europea, allora, si prepara a fornire una prima risposta condivisa già nelle prossime ore. L’idea è quella di ribadire l’intenzione di continuare a pagare i contratti in essere in euro, rimandando la questione dei rubli alle eventuali nuove stipule che verranno. A questo punto, sarà lo Zar a decidere se reagire con un blocco delle forniture, o accettare una mediazione. Sarà lui, insomma, a valutare se è preferibile un frontale con l’Europa – con gravi danni anche all’economia russa – o un accomodamento momentaneo e fragilissimo.

Appena le agenzie battono la notizia del decreto del Cremlino, il continente sbanda. Draghi e Scholz, che avevano sentito Putin soltanto poche ore prima, perdono il sorriso. Parte la caccia all’interpretazione più autentica delle intenzioni del leader. Il primo nodo è tecnico e costringe per ore gli esperti delle principali Cancellerie occidentali ad arrovellarsi: si tratta di un cambio obbligato in rubli imposto per legge e capace dunque di rafforzare la moneta russa, oppure è soltanto un escamotage politico e propagandistico del leader per poter dire al mondo che gli europei comprano in moneta patria? E ancora: può permettersi la Russia di perdere in poche ore un mercato gigantesco come quello europe? A Palazzo Chigi il quesito tiene banco, rimbalzando fino agli omologhi tedeschi, francesi e di Bruxelles.

L’altro dilemma è quello che spinge i tre leader continentali a promettersi – e promettere, come fanno Scholz e Draghi – una risposta comune: possiamo accettare il ricatto? I principali target della Russia sono chiari, almeno secondo il premier: Germania e Italia, in quest’ordine. Putin vuole allontanare la Francia – che gode di indipendenza economica con il nucleare – dagli alleati. Innervosire Berlino e Roma, che si ritroverebbero infatti esposti e fragili nelle forniture.

Per il premier italiano, una prima mossa obbligata dovrebbe essere quella di fissare un “price cap”, che continua però a non piacere a Scholz. Per l’ex banchiere servirebbe a smorzare le tensioni sul mercato energetico e colpire immediatamente i guadagni che il leader utilizza per fare la guerra. Il problema è che Berlino frena, mentre Parigi rilancia e propone lo stop immediato alle importazioni russe.

Draghi non è pregiudizialmente ostile a questo scenario, anche se ne conosce i rischi e le pesanti ripercussioni. Sa anche che Biden tornerà alla carica chiedendo ai partner sanzioni commerciali ancora più dure, capaci di provocare il totale isolamento del nemico. Difficilmente lascerà fuori il gas. Meglio anticipare i tempi che mostrarsi deboli con Mosca. È la ragione per cui la Commissione prepara una reazione adeguata. E valuta di distinguere i pagamenti di oggi da quelli del futuro: significa ribadire che i contratti in essere non possono essere modificati o pagati in rubli, nonostante le richieste di Putin.

Gas, come funziona e cosa significa il pagamento in rubli

di
Luca Pagni

31 Marzo 2022

Anche a Roma, intanto, ci si prepara agli scenari peggiori. Il ministro della Transizione energetica Cingolani sostiene che le riserve del Paese consentono di mandare avanti l’Italia “anche in caso di brusche ed improbabili interruzioni delle forniture russe”. Se nelle prossime ore dovesse inasprirsi ancora lo scontro con Putin, si procederebbe con l’innalzamento dell’allarme al livello due (in una scala emergenziale di tre). Di fatto, si imporrebbe una riduzione dei consumi, a partire da quello di edifici pubblici, monumenti e pubbliche amministrazioni. Ma non basta. Draghi ha bisogno di sostituire presto il gas russo. Dopo il lungo tour in cui Luigi Di Maio ha posto le basi per aumentare le importazioni da Qatar e Algeria, il premier potrebbe recarsi ad Algeri per un vertice intergovernativo utile a rafforzare la partnership con il Paese nordafricano.

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