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Non c’è neppure la prospettiva che Pd, 5Stelle e Terzo Polo colpiscano uniti, dopo avere marciato divisi. In Parlamento le tre forze d’opposizione insieme hanno 158 deputati e 81 senatori. Ma è solo la somma aritmetica, perché non è previsto alcun coordinamento. Il “patto delle opposizioni” è stato il sasso lanciato nello stagno dal dem Andrea Orlando. Ministro del lavoro uscente guida la sinistra del Pd con la corrente Dems.
Ha messo sul tavolo l’ipotesi, subito precisando che “non c’entra nulla il mancato campo largo. Avremo modo di parlare dell’alternativa futura alla destra”. Però, ragiona Orlando, “le opposizioni non potranno trovarsi divise, tra loro conflittuali davanti alle prime mosse di una destra dai caratteri inquietanti”. Ma sulla proposta di un patto o coordinamento delle opposizioni è sceso il gelo. A rinviarla al mittente per primi sono stati Carlo Calenda e Matteo Renzi. Per Calenda innanzitutto non è ancora tempo, ma soprattutto il Terzo Polo dichiara che andrà a vedere le carte della destra. Sicuramente sulle riforme istituzionali, benché Calenda avverta di non essere “personalmente” d’accordo sul presidenzialismo. E rincara: “A sinistra il Pd si interroga su cosa deve essere, un partito che si interroga sul suo perché non ha un perché”. È l’ennesima stilettata, che manda su tutte le furie un cattolico dem moderato e prudente come Alfredo Bazoli: “Finiscila di occuparti di noi per denigrarci”.
La renziana Maria Elena Boschi, l’ex ministra delle Riforme, ribalta la questione: “Le opposizioni in Parlamento saranno due: quella di Italia Viva-Azione e quella dei 5Stelle: il Pd scelga con chi schierarsi”. I 5Stelle dal canto loro non sono disponibili a lavorare a un coordinamento delle opposizioni con il Pd: sarebbe come far rientrare dalla finestra il dialogo interrotto e cacciato dalla porta . E l’input di Giuseppe Conte è: “Con questi vertici dem, niente da fare”. Per la verità al Nazareno spiegano che è stata una fuga in avanti di Orlando: l’idea di un patto delle opposizioni per ora non c’è. Ancora bruciano le divisioni elettorali, la campagna che “Conte e Renzi hanno fatto contro il Pd”, quindi prematuro pensare a ricomposizioni sia pure circoscritte all’attività parlamentare.
Ettore Rosato, coordinatore di Iv, boccia senza appello l’idea: “Come ha ben spiegato Calenda quando noi parliamo di reddito di cittadinanza, il Pd e i 5 Stelle dicono il contrario, quando parliamo di rigassificatori dicono il contrario, quando parliamo di giustizia dicono il contrario. Che patto di opposizione potremmo fare?”. E attacca: “Faremo una opposizione seria, motivata e ragionata senza aver bisogno di richiamare allo scontro fascisti/comunisti o al rosso/nero come ha fatto il Pd per tutta la campagna elettorale”. Di mezzo ci sono appunto le riforme e una apertura di Rosato anche sulla legge elettorale che porta il suo nome, il Rosatellum, tanto criticata e avversata ma mai cambiata. Atteggiamento diverso dall’opposizione “dura e intransigente” promessa dal segretario dem, Enrico Letta. Intransigenza che Conte e i 5Stelle fanno loro. Però prendendo sempre le distanze dai Dem. “Noi saremo all’opposizione sostenendo le nostre idee progressiste. Credo che anche il Pd continuerà a sostenere le idee che ha portato avanti in campagna elettorale, idee di centrodestra”, è l’affondo di Stefano Patuanelli, ex ministro dell’Agricoltura, in un video sulla sua pagina Facebook.
Pragmatico il dem Franco Mirabelli è convinto che “al di là del manifesto d’intenti, alla fine una intesa le opposizioni la troveranno per forza così da portare avanti la comune battaglia contro la destra”.