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Giordano Bruno Guerri in pole per la Cultura: intellettuale di destra, ma favorevole a matrimoni gay e accoglienza

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Uomo di destra? “Presunto”, risponde di solito Giordano Bruno Guerri, papabile ministro della Cultura nel futuro governo Meloni. “Sono favorevole all’eutanasia, ai matrimoni gay, all’accoglienza. E mi vergogno a essere identificato con una schiera di bacchettoni o polverosi reazionari”, raccontava solo qualche settimana fa, subito dopo il voto, intervistato dall’Agi. Per dire: quando l’anno scorso uscì la notizia che la Dc Comics lavorava a un Superman bisex, mentre a destra, appunto, più d’uno storceva il naso, lui benediceva l’operazione: “Non mi dispiace affatto. Anzi, spero che con la kryptonite verde diventi trans”.

Situazionismo e gusto della provocazione non gli mancano, se è vero che per il primo incarico pubblico, era il 1997, nel piccolo comune calabrese di Soveria Mannelli, mutuò il tradizionale dipartimento alla Cultura in “assessorato al Dissolvimento dell’Ovvio”. Durò un mese, ma fece in tempo a inaugurare il Monumento al Cassonetto.

Saggista, storico, giornalista, cultore di D’Annunzio – passione diventata professione nel 2008 in qualità di direttore del Vittoriale degli Italiani, confermato in quel ruolo dal dem Dario Franceschini – nella corsa al Ministero dei Beni culturali Guerri sembra avere sorpassato Vittorio Sgarbi, un altro che di provocazioni se ne intende. E il direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, che però dall’inizio sembra più destinato a scalare le gerarchie in Rai (è in pole per il Tg1) che a traslocare nel governo a trazione FdI.

Totoministri, le new entry e i sicuri. Berlusconi-Meloni, l’incontro del disgelo

di Emanuele Lauria

17 Ottobre 2022

Classe 1959, toscano di Monticiano, hinterland senese, famiglia di contadini e operai, comincia come correttore di bozze per Garzanti. Poco dopo, nel 1971, approda in Bompiani. Le sue “Norme grafiche e redazionali” sono tuttora in uso. Si laurea nel 1974, tesi sul ministro fascista Giuseppe Bottai, che verrà pubblicata da Feltrinelli. Il primo di una sterminata produzione di saggi, dedicati in buona parte a personaggi del Ventennio, da Italo Balbo a Galeazzo Ciano, fino alle pubblicazioni più recenti sul Vate. Direttore editoriale di Mondadori e di Storia Illustrata, per un anno, tra il 2004 e il 2005, guida l’Indipendente, oltre dieci anni dopo Vittorio Feltri. Poi collaboratore del Giornale. E infine la lunga stagione al Vittoriale, casa-monumento di D’Annunzio sul lago di Garda. Prima di ritrovarsi nel toto-ministri, Guerri consigliava alla nuova classe dirigente della destra un paio di libri: “21 lezioni per il XXI secolo” di Harari e “Limonov” di Carrére. “Ammesso che sul comodino non abbiano soltanto quelli che hanno scritto loro”.

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